martedì 15 dicembre 2009

Festività di Chanuccà 5770 (11-18 dicembre 2009)


Festività di Chanuccà 5770 (11-18 dicembre 2009)
Chanukkah o Festa delle Luci ha luogo durante il mese ebraico di Kislev che cade generalmente a Dicembre.
Quest’anno la festa di Chanukkah viene celebrata dall'11 al 18 dicembre 2009. L'11 dicembre, viene accesa la prima candela



Shabbat Vayeshev e festività di Chanuccà (11 dicembre 2009)


Di Rav Alberto Sermoneta




Raramente capita che nel sabato in cui si legge questa parashà cada il primo giorno della festa di Chanuccà.
Infatti, quest'anno, il primo giorno di Chanuccà, cade di shabbat ed è per questo motivo che avremo sia il primo giorno che l'ultimo di shabbat, ovvero due sabati nella stessa festa.
Nella parashà di Va Jeshev, si narra la storia di Josef, figlio di Giacobbe e della donna che egli amava di più – Rachele.

Nella Torà troviamo scritto, proprio nei primi versi della parashà, “ elle toledot Ja'akov Josef.....”
“ questa è la storia di Jaakov, Josef” e da lì inizia a narrare la storia di Giuseppe.
Tutti i lettori si aspettavano invece, che la Torà avesse iniziato a raccontare la storia di Giacobbe o almeno parte di essa.
Rashì, nel suo commento, spiega che tutto ciò che è accaduto a Giacobbe, accadrà a Giuseppe nella sua vita; cioè:

Giacobbe andò in esilio fuori della terra di Canaan, anche Giuseppe andrà in esilio fuori della terra di Canaan.
Giacobbe era ricercato da suo fratello per essere ucciso, a causa della benedizione della primogenitura, anche Giuseppe verrà ricercato dai suoi fratelli per essere ucciso a causa della predilezione da parte di loro padre nei suoi confronti.
Giacobbe visse lontano da suo padre per venti anni, anche Giuseppe visse lontano da suo padre per venti anni e così via per tante altre cose.
Anche se il comportamento di Giuseppe, per chi lo ha studiato a fondo può infastidire: Egli a diciassette anni si comportava come un vero e proprio bambino: (Rashì dice che si imbellettava, passandosi il colore sugli occhi), riportava i pettegolezzi dei suoi fratelli al padre, si poneva nella condizione di non essere benvoluto, tant'è che ad un certo punto, viene ripreso anche da suo padre, nonostante ciò, egli non viene chiamato a differenza dei suoi predecessori con l'appellativo di “AV”
“patriarca” bensì di Zaddik – Giusto.

Forse questo termine può essere considerato di minore importanza, rispetto a quello di patriarca, in quanto Abramo era patriarca, ma anche definito direttamente da D.o Zaddik.
Lo Zaddik, secondo altri commentatori ha degli oneri maggiori del patriarca; egli è colui che mette a repentaglio la sua vita per salvare il suo popolo o addirittura l'umanità.
Secondo tutti gli esegeti, esiste un nesso ben profondo fra la festa di Chanuccà, che iniziamo a festeggiare proprio questo shabbat e la parashà di va jeshev, per meglio dire c'è un nesso ben profondo fra la vita e le opere di Giuseppe e la vita e le opere dei Maccabei, eroi del popolo ebraico le cui gesta vengono celebrate proprio di Chanuccà.

Tutti noi conosciamo le gesta eroiche dei fratelli Asmonei, chiamati in seguito con l'appellativo di Maccabei per la loro forza e tenacia nel combattere il nemico.
La festa di Chanuccà celebra il riordinamento di uno stato confusionario, provocato dalla cultura ellenica che pretendeva di inculcare i loro usi e tradizioni alle popolazioni da loro conquistate e quindi anche alla popolazione ebraica che viveva in terra di Israele.
I Maccabei attraverso la loro ribellione a quelle tradizioni pagane, che fra l'altro tanto successo avevano riscosso anche fra alcuni ebrei (soprattutto nelle classi dei nobili), riescono a riaccendere le “luci” per far chiarezza sulle millenarie tradizioni ebraiche che venivano osservate ininterrottamente, sin dai tempi dei nostri patriarchi, ripristinando così anche il culto del monoteismo.
La loro identità ebraica, non fu mai nascosta, anche a costo di rimetterci la propria vita, allo stesso modo di quando Giuseppe venduto in Egitto - paese conosciuto da tutte le popolazioni dell'epoca per la sua dedizione proverbiale al paganesimo, sin da schiavo presso la casa del ministro Potifar, sia nella condizione di carcerato perché calunniato dalla moglie di Potifar di aver tentato di violentarla, sia da Viceré d'Egitto, ma negò le sue origini e le sue tradizioni ebraiche “na'ar 'ivrì anokhi” “ io sono un fanciullo ebreo”, anche a repentaglio della propria vita.
Il paganesimo è il simbolo della assoggettazione dell'uomo sul suo fratello, la negazione dei diritti umanitari e la supremazia di un potere sull'altro (ci basti pensare soltanto sull'istituzione dei sacrifici umani in uso presso quei popoli o all'istituzione della schiavitù), l'ebraismo ne è l'esatto opposto.
Chanuccà, potremmo definirla l'esaltazione del monoteismo e la sconfitta delle imposizioni di un uomo sul suo prossimo; se ogni popolo libero ha una sua bandiera, la bandiera del monoteismo può essere sicuramente la lampada di Chanuccà, che da venerdì sera inizieremo ad accendere per otto sere consecutive.


ALCUNE REGOLE SULL'ACCENSIONE DELLA CHANUCCHIA'

La chanucchià è una particolare lampada a otto bracci che può essere ad olio o a candele, più un altro braccio, centrale o posizionato distante dagli altri, chiamato “shammash” (servitore) che si usa per accendere le altre candele; nel caso in cui la chanucchià sia ad olio, si usa per accenderla, la candela che si è usata per seguire la tefillà la sera di TISHA' BE AV.
Essa va posta davanti ad una finestra che dia sulla strada, per rendere manifesto a tutti, ciò che è accaduto ai tempi dei Maccabei.
La chanucchià può essere accesa da quando fa sera, fino a notte tarda (la halakhà dice- finché giri gente per la strada). Se per caso ci si è dimenticati di accenderla, la si può accendere l'indomani mattina, senza però recitare le benedizioni.


Le benedizioni per l'accensione della lampada sono le seguenti:
BARUCH ATTA' AD. ELOHENU MELEKH HA OLAM ASHER KIDDESHANU BE MIZVOTAV VEZZIVVANU LE ADDLIK NER SHEL CHANUCCA'

BARUCH ATTA' AD. ELOHENU MELEKH HA OLAM SHE 'ASA' NISSIM LA AVOTENU BA JAMIM HA HEM BA ZEMAN HA ZE'.

Soltanto la prima sera si dice:
BARUCH ATTA' AD. ELOHENU MELEKH HA OLAM SHE ECHEJANU VE KI JEMANU VE HI GHIANU LA ZEMAN HA ZE'.

La chanucchià si accende partendo da destra verso sinistra ed ogni sera si aggiunge un lume o una candela in più, per tutti gli otto giorni.

Quest'anno in cui la prima e l'ultima sera cadono di venerdì sera, la chanucchià va accesa prima che entri lo shabbat, quindi prima di accendere in casa le candele dello shabbat.
Al Tempio, essa viene accesa subito dopo minchà, facendo in modo che assolutamente sia ancora giorno.
Sabato sera, seconda sera, la si accende assolutamente dopo che sia uscito shabbat;
in Tempio, secondo il rito Italiano, subito dopo il “kaddish titkabal” quindi prima della Havdalà (in quanto si considera la formula “attà hivdalta” “Tu hai separato” che recitiamo nella 'amidà di 'arvit del sabato sera, una formula di havdalà), mentre in casa, dopo la havdalà, per essere certi che lo shabbat sia già uscito.






TUTTE LE ALTRE SERE, LA CHANUCCHIA' VIENE ACCESA QUANDO FA BUIO.
PER CONSENTIRE DI ACCENDERE ANCHE IN TEMPIO, LA CHANUCCHIA', SIA LA PRIMA CHE L'ULTIMA SERA, L'INIZIO DELLA TEFILLA' DI VENERDI' SERA 11 DICEMBRE E DI VENERDI' SERA 18 DICEMBRE, NON SARA' ALLE 19,30 COME DI CONSUETO, BENSI' ALLE ORE 16,00 IN PUNTO.


A TUTTI VOI VADANO I MIEI PIU' CALOROSI AUGURI DI CHAG HA URIM SAMEACH









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venerdì 16 ottobre 2009

Israele-Palestina, Onu approva rapporto Goldstone su crimini di guerra a Gaza

16/10/2009
Israele-Palestina, Onu approva rapporto Goldstone su crimini di guerra a Gaza

Il Consiglio sui Diritti Umani delle Nazioni Unite ha approvato dossier che accusa Israele e Hamas di gravi violazioni a Gaza
E' stata approvato oggi dal Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite il rapporto Goldstone che accusa Israele e Hamas di crimini di guerra a Gaza.
Venticinque i voti favorevoli. In sei hanno votato contro: Italia, Stati Uniti, Olanda, Ungheria, Slovacchia e Ungheria. Undici si sono astenuti.
Le posizioni politiche delle due parti in causa, inizialmente opposte sembrerebbero oggi convergere sul più completo disaccordo nei confronti dell'inchiesta capeggiata da Richard Goldsonte ex giudice dei tribunali internazionali per i crimini in ex Jugoslavia e Rwanda. Se, da una parte, Gerusalemme si è sempre dichiarata contraria a quella che ha più volte definito "una sentenza politica", l'Autorità palestinese, che inizialmente ha collaborato con la Missione Onu, ha cambiato la sua linea dopo aver ricevuto critiche interne.
La relazione, un dossier di 575 pagine, è fortemente critica con Israele colpevole, secondo i fatti, di aver commesso plurime violazioni al diritto internazionale umanitario con un uso sproporzionato della forza militare. Hamas viene invece accusata di un lancio indiscriminato di razzi contro la popolazione israeliana.
Dopo la pronuncia del Consiglio si apriranno due strade. La prima è quella che obbligherà Israele e l'Autorità palestinese ad aprire, e dimostrare di averlo fatto, un'indagine indipendente sui 22 giorni di guerra presi in esame dal rapporto Goldstone (dal 27 dicembre 2008 al 16 gennaio 2009). La seconda ipotesi scatterebbe dopo che le parti non dovessero adempiere a tale obbligo. In quel caso il Consiglio di Sicurezza invierà tutto il fascicolo alla Corte penale internazionale dell'Aja per l'apertura di un'istruttoria ufficiale.
Nel periodo considerato la Missione presieduta da Goldstone ha accertato la morte di oltre 1400 palestinesi (Israele dice che il numero è di 1.166 persone) e di 13 israeliani fra i quali risultano tre civili e dieci soldati.



http://it.peacereporter.net/articolo/18403/Israele-Palestina,+Onu+approva+rapporto+Goldstone+su+crimini+di+guerra+a+Gaza

mercoledì 7 ottobre 2009

Festività di Simchat Torah 5770 (11 ottobre 2009)

Festività di Simchat Torah 5770 (11 ottobre 2009)


La festività di Simchat Toah cadde quest'anno 2009 domenica 11 ottobre.

L’ottavo giorno di Sukkoth (il nono fuori da Israele) prende anche il nome di Simchat Torah: la gioia della Torah

In questo giorno si termina la lettura dei cinque libri in cui la Torah è composta; ma immediatamente dopo si ricomincia con la prima frase di Bereshit (Genesi). Lo studio della Torah, infatti, non deve mai essere interrotto, quindi nello stesso giorno in cui si termina la sua lettura la si inizia di nuovo per dare al popolo il senso della continuità e dell’impossibilità di interruzione dello studio del Libro sacro.




Data l’importanza della festa, dedicata appunto alla Torah, è uso che i presenti in sinagoga, a turno, siano chiamati sulla Tevah (luogo in cui l’ufficiante recita le preghiere) per assistere direttamente alla sua lettura, e se sono in grado di farlo, di leggerne personalmente un brano.
Il giorno della festa della Torah è un giorno di grande gioia per tutti gli ebrei: tutti i sefarim, i rotoli di pergamena su cui è scritto a mano il testo della Torah, vengono estratti dall’aron ha-quodesh, l’”Arca Santa” in cui sono conservati, e portati a braccia a turno dai frequentatori della sinagoga per compiere sette volte il giro della Tevah. Essi vengono accompagnati da un lungo corteo; infatti, tutti gli uomini presenti li seguono cantando gioiosamente inni e canti di lode al Signore.
(...) Il Sefer Torah, il rotolo della Torah, è l’unico oggetto concreto a cui gli ebrei rivolgono il loro devoto omaggio perché tutto ciò che è stato elaborato dal pensiero e dal messaggio scritto e che porta al miglioramento dell’uomo e della società, è degno di devozione in quanto conduce l’uomo più vicino a Dio.
Fonte: "Le pietre del tempo" di Clara ed Elia kopciowski











http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=249

Festività di Succot 5770 (3 - 10 ottobre 2009)

Festività di Succot 5770 (3 - 10 ottobre 2009)

La festa di Sukkoth (festa delle capanne) cade il 15 di Tishrì, fra settembre e ottobre, proprio all’inizio dell’autunno.
Quest’anno 2009 (5770), la festività di Succot verrà celebrata dal 3 al 10 ottobre 2009 (vigilia il 2). Hosha'anah Rabbah cadde il 9 ottobre (vigilia l'8) e Shemini Atzeret il 10 ottobre (vigilia il 9).

In ricordo delle abitazioni instabili e precarie in cui il popolo (ebraico) dimorò nel deserto per quarant’anni, gli ebrei a Sukkoth costruiscono delle capanne seguendo disposizioni ben precise e dettagliate, fra cui quella significativa di ricoprire il tetto di fronde e di foglie per lasciarne una parte scoperta affinché vi si possa scorgere il cielo: un monito perché tengano sempre presente, ovunque le vicissitudini della vita li conducano, di lasciare simbolicamente anche nelle loro abitazioni usuali uno spazio da cui entri la luce di Dio.

Alle origini della festa

Sukkoth è la terza delle feste di pellegrinaggio. Alle feste di pellegrinaggio, oltre al significato religioso, si attribuisce anche un significato storico e agricolo. Esse sono legate tra di loro dal filo storico dell’uscita dall’Egitto e della permanenza nel deserto.
La festa di Pesach, cioè il momento dell’uscita dalla schiavitù, riveste indubbiamente una particolare importanza. Ma la gioia era oscurata sia dal peso delle vittime egiziane, sia dall’incognita di un futuro che prevedeva un lungo viaggio e una dura lotta per raggiungere e poter dimorare liberi e sovrani nella terra da Dio promessa. La consegna della Torah a Shavuoth aveva certamente lasciato gli animi del popolo turbati e intimoriti. Essa infatti impegnava all’osservanza non solo di leggi, ma anche di comportamenti totalmente nuovi e assai difficili, soprattutto se raffrontati a quelli di uso presso tutti gli altri popoli dell’epoca. (...)
Sukkoth era la festa di pellegrinaggio che in un certo senso simboleggiava la fine della sofferenza, l’acquisita comprensione e accettazione della Torah, la fine del lungo, faticoso, a volte doloroso pellegrinare nelle impervie vie del deserto, e il raggiungimento della Terra in cui finalmente il pensiero, a lungo maturato, si sarebbe trasformato in azione lieta e consapevole.
(...) Si viveva in terra di Israele l’anno agricolo. Gli ebrei erano infatti una popolazione prevalentemente agricola. A Pesach iniziava la mietitura dell’orzo, ma quella del grano era ancora lontana. A Shavuoth si iniziava la mietitura del grano e si raccoglievano le primizie, ma prima che giungesse il momento della vendemmia doveva trascorrere il lungo e spesso difficile periodo estivo.
(...) Sukkoth, hag ha-asif, festa del raccolto, dell’ultimo raccolto, quello autunnale, era quindi un momento di grande, totale gioia: con i magazzini ricolmi del raccolto appena terminato, si lasciavano alle spalle le preoccupazioni e ci si preparava ad attendere con serenità e letizia il lungo periodo di riposo fino all’arrivo della nuova stagione della semina.

La celebrazione

Come si costruisce una sukkah
La sukkah deve essere abbastanza ampia perché ci si possa vivere comodamente, ma non deve assumere l’aspetto di un’abitazione permanente.
All’interno l’ombra deve essere maggiore della luce. Un’attenzione primaria è riservata alla copertura della capanna da cui si deve intraveder il cielo.
Le pareti possono essere costituite da tende di stoffa. Le capanne devono essere gradevoli alla vista, quindi guarnite di ghirlande e di ornamenti. Molti tuttora appendono alle pareti e al soffitto rami d’olivo carichi dei loro frutti e di cedri, ghirlande di fichi e di melograni, e grappoli d’uva.
Sia alle pareti sia sul pavimento, vengono messi drappi, tappeti e lumi per rendere le capanne accoglienti come una casa.
Durante i giorni di Sukkoth ogni ebreo deve fare della capanna la sua abitazione principale, considerando la propria casa un’abitazione temporanea. Tuttavia se piove e l’acqua ce entra dalle aperture lasciate sul tetto, rischia di rovinare il cibo, si può consumar il pasto in casa.

Il lulav
E’ scritto nella Torah: “prenderete per voi nel primo giorno, un frutto di bell’aspetto, un ramo di palma, rami di mirto e di salice, e vi rallegrate davanti il Signore vostro Dio per sette giorni”. (Lv 23, 49). In base a quest’ordine per Sukkoth si prepara, il lulav, composto da un ramo di palma, tre di mirto, due di salice e, a parte, un frutto di cedro senza difetti. E’ uso dopo la benedizione in sinagoga, agitarlo in quattro direzioni: nord, sud, est e ovest, perché la benedizione di Dio raggiunga tutto il mondo.

Hosha'anah Rabbah
Il settimo giorno di Sukkoth (20 ottobre) è denominato Hosha’anah Rabbah: la grande richiesta di salvezza. E’ una giornata in cui ci si rivolge con particolare fervore alla clemenza del Signore.
(...) Questo giorno viene infatti considerato come quello in cui il Signore pone il suggello definitivo al giudizio iniziato a Rosh ha-shanah e che secondo, lo Zohar, testo fondamentale dell’interpretazione della Qabbalah, non si conclude definitivamente con il Kippur ma, in una specie di ultimo appello, nel giorno di Hosha’anah Rabbah.
Come per Kippur, si recitano le selichoth (suppliche), per implorare il perdono divino. Si compie inoltre una cerimonia connessa alla libazione dell’acqua: con in mano dei rami di salice e il lulav, si gira sette volte intorno all’altare cantando Hosha’anah (“oh salvaci!).


Shemini ‘atzereth
Nel brano del Levitico (23, 36) in cui è data la disposizione di festeggiare Sukkoth, appare una contradizione: prima la durata della festa viene fissata in sette giorni, poi si parla di un “ottavo giorno di radunanza” (Shemini ‘atzereth).
I Maestri ne hanno dedotto un interessante insegnamento. Durante i sette giorni di Sukkoth si pregava per ottenere la pioggia e un raccolto prospero. (...) Ed ecco che l’ottavo giorno il Signore si rivolge al popolo come un padre ai propri figli, e quasi lo prega: “Per sette giorni vi siete preoccupati del bene della vostra terra, e del bene dei vostri fratelli delle altre nazioni. Ebbene: rimanete ancora un giorno e dedicatelo completamente a me!”.


Fonte: "Le pietre del tempo" di Clara ed Elia Kopciowski

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Festività di Yom Kippur 5770 (28 settembre 2009)

Festività di Yom Kippur 5770 (28 settembre 2009)


Quest'anno 2009, Yom Kippur cadde il 28 settembre 2009 (la festività comincia la vigilia: il 27 settembre).

Commemorazione defunti 5770
Orario officiature 5770 e letture torah (services time and Torah readings)

Yom Kippur è la ricorrenza religiosa ebraica che celebra il giorno dell' espiazione. Nella Torah viene chiamato Yom haKippurim (Ebraico, "Giorno degli espìanti"). È uno dei cosiddetti Yamim Noraim (Ebraico, letteralmente "Giorni terribili", più propriamente "Giorni di timore reverenziale"). Gli Yamim Noraim vanno da Rosh haShana a Yom Kippur, che sono rispettivamente i primi due giorni e l'ultimo giorno dei Dieci Giorni del Pentimento.
Nel calendario ebraico Yom Kippur incomincia al crepuscolo del decimo giorno del mese ebraico di Tishri (che cade tra Settembre e Ottobre del calendario gregoriano), e continua fino alle prime stelle della notte successiva. Può quindi durare 25-26 ore.


Origine biblica
Il rito dello Yom Kippur viene descritto quattro volte nel sedicesimo capitolo del Levitico (vedi Esodo 30;10, Levitico 23;27-31 e 25;9, Numeri 29:7-11). All'epoca del primo e del secondo Tempio di Gerusalemme venivano offerti i sacrifici descritti nella Torah e nella Mishnah.

Nel pensiero ebraico
Yom Kippur è il giorno ebraico della penitenza, viene considerato come il giorno ebraico più santo e solenne dell'anno. Il tema centrale è l'espiazione dei peccati e la riconciliazione. È proibito mangiare, bere, lavarsi, truccarsi, indossare scarpe di pelle ed avere rapporti sessuali. Il digiuno - astinenza totale da cibo e bevande - inizia qualche attimo prima del tramonto (chiamata tosefet Yom Kippur - aggiunta a Yom Kippur - l'aggiunta di una piccola parte del giorno precedente al digiuno è prescritta dalla Halakha), e termina dopo il tramonto successivo, all'apparire delle prime stelle. Le persone malate consultano in anticipo un'autorità rabbinica competente per verificare se il loro stato le esenti dal digiuno.

Il servizio ha inizio con la preghiera di Kol Nidre (testo, preghiera cantata) che deve essere recitata prima del tramonto. Kol Nidre (parola aramaica che significa "tutte le promesse") rappresenta l'annullamento di tutti i voti pronunciati nel corso dell'anno. Secondo The Jewish Encyclopedia, il testo della preghiera recita: "Tutti i voti, gli impegni, i giuramenti e gli anatemi che siano chiamati 'konam', 'konas', o con qualsiasi altro nome, che potremmo aver pronunziato o per i quali potremmo esserci impegnati siano cancellati, da questo giorno di pentimento sino al prossimo (la cui venuta è attesa con gioia), noi ci pentiremo".

Yom Kippur completa il periodo di penitenza di dieci giorni iniziato con il capodanno di Rosh haShana. Sebbene le preghiere con le quali si chiede perdono siano consigliate durante l'intero anno, diventano particolarmente sentite in questo giorno.
La preghiera mattutina viene preceduta da alcune litanie e richieste di perdono chiamate selihot; nel giorno di Kippur queste vengono aggiunte in abbondanza nella liturgia.

In accordo con Mosè Maimonide "Tutto dipende da quanto un uomo meriti che vengano cancellati i demeriti che pesano su suo conto", quindi è auspicabile di moltiplicare le nostre buone azioni prima del conteggio finale fatto il Giorno del Pentimento (ib. iii. 4). Coloro che Dio considera meritevoli entreranno nel Libro della Vita, la preghiera recita: "Entriamo nel Libro della Vita". Recita anche l'auspicio "Possa tu essere iscritto (nel Libro della Vita) per un gioioso anno". Nella corrispondenza scritta tra capodanno e il Giorno del Pentimento, colui che scrive conclude, abitualmente, augurando al mittente che Dio approvi il suo desiderio di felicità. Nel tardo ebraismo alcune peculiarità proprie del giorno di capodanno furono trasferite al Giorno del Pentimento.
Il Giorno del Pentimento sopravisse all'abbandono delle pratiche sacrificali dell'anno 70 CE. "Nonostante nessun sacrificio verrà offerto, il giorno manterrà il suo proprio effetto di espiazione" (Midrash Sifra, Emor, xiv.). I testi ebraici insegnano che in questo giorno non è permesso che venga compiuta altra attività che non sia il pentimento. Il pentimento è l'indispensabile condizione per tutti i vari significati dell'espiazione. La confessione del penitente è una condizione richiesta per l'espiazione. "Il Giorno del Pentimento assolve dalle colpe di fronte a Dio, ma non di fronte alla persona offesa fin quando non si ottiene il perdono esplicito dalla stessa" (Talmud Yoma viii. 9). È usanza di terminare ogni disputa o litigio alla veglia del giorno di digiuno. Anche le anime dei morti sono incluse nella comunità dei perdonabili del Giorno del Pentimento. È un costume per i bambini che abbiano perso i genitori di ricevere una menzione pubblica in sinagoga, e di offrire doni caritatevoli alle loro anime.

Contrariamente al credo popolare, Yom Kippur non è un giorno triste. Gli ebrei Sefarditi, ovvero gli ebrei di origine spagnola, portoghese o nordafricana chiamano questa festività il "Digiuno Bianco". Di conseguenza, molti ebrei hanno l'usanza di indossare solo vestiti bianchi, per simbolizzare il candore delle loro anime.

La liturgia
Per le preghiere della sera viene indossato un Talled (uno scialle di preghiera rettangolare), e questo è l'unico servizio serale dell'anno in cui questo succede. Ne'ilah è un servizio speciale che si tiene solo a Yom Kippur, e lo chiude. Yom Kippur termina con il suono dello shofar, che conclude la celebrazione. Viene sempre osservato un giorno di vacanza, sia dentro che fuori i confini della terra di Israele.
Il servizio nella sinagoga comincia alla sera della vigilia con il Kol Nidre. Le devozioni durante il giorno sono continue dalla mattina alla sera. Molta importanza è data al brano liturgico in cui si narra il cerimoniale del tempio.
Secondo il Talmud, Dio apre tre libri il primo giorno dell'anno, Rosh Hashana; uno per i cattivi assoluti, un altro per i buoni assoluti, e il terzo per la grande classe intermedia. Il fato dei buoni e cattivi assoluti viene determinato in quel momento; il destino della classe intermedia resta sospeso fino al giorno di Yom Kippur, quando il fato di ognuno si decide. Il brano liturgico Unetanneh Tokef afferma:


"D-o Re, che siedi su un trono di misericordia per giudicare il mondo, allo stesso momento Giudice, Difensore, Esperto e Testimone, apri il Libro delle Firme. Si legge che dovrebbero esserci le firme di ogni uomo. La grande tromba viene suonata; si sente una voce piccola e decisa; gli angeli fremono, dicendo "Questo è il giorno del Giudizio": perché gli stessi ministri di Dio non sono puri dinnanzi a Lui. Come un pastore dirige il suo gregge, facendolo passare sotto il proprio bastone, così Dio fa passare ogni vivente di fronte a Lui, per stabilire i limiti della vita di ogni creatura e per definirne il destino. Nel giorno di capodanno il decreto è stilato; nel giorno del pentimento è sigillato; chi vivrà e chi morirà... Ma il pentimento, la preghiera e la carità possono evitare il crudele decreto."


La "Corona di Maestà" di Ibn Gvirol è aggiunta alla liturgia Sefardita nel servizio serale, ed è anche letta in alcune sinagoghe Askenazite ed Italiane. Al centro della liturgia antica è la confessione dei peccati. "Perché non siamo tanto presuntuosi da dirTi che siamo giusti e non abbiamo peccato; ma, nella realtà, abbiamo peccato... sia la Tua volontà che io non pecchi ulteriormente; Ti piaccia lavare i miei peccati trascorsi, secondo la Tua bontà, ma non con punizioni severe".
Le melodie tradizionali con i loro toni di lamento (della tradizione Askenazita) danno espressione sia all'angoscia individuale a fronte dell'incertezza del destino e al lamento di un popolo per le glorie perdute. Nel giorno di espiazione l'ebreo osservante dimentica la mondanità e le sue necessità e, escludendo l'odio, l'antipatia e tutti i pensieri ignobili, cerca di occuparsi unicamente di cose spirituali. I libri ebraici di preghiera fanno notare che, se gli atti di pubblica contrizione sono obbligatori, il correttivo più efficace è quello stabilito dai Profeti biblici, che insegnano che il vero digiuno di cui D-o gioisce è lo spirito di devozione, gentilezza e penitenza.
Il carattere austero impresso alla cerimonia dal tempo della sua istituzione è stato conservato fino ad oggi. Anche se altre cose sono divenute desuete, la presa sulla coscienza di ogni ebreo è così forte che pochi, a meno che non abbiano reciso ogni legame con l'ebraismo, evitano di osservare il giorno di espiazione astenedosi dal lavoro quotidiano e partecipando alle funzioni.

Fonte: wikipedia

http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=194

Festività di Rosh ha-shanah 5770 (19-20 settembre 2009)

Festività di Rosh ha-shanah 5770 (19-20 settembre 2009)


SHANA TOVA 5770 !!!
AUGURI DI BUON ANNO 5770 !!!






Cultura ebraica: il mese di Tishrì

Festività di Rosh Ha-shanah, Yom Kippur, Sukkoth, Shemini Atzereth e Simchath Torah

Il mese di Tishrì (...) è un mese denso di avvenimenti.
I primi due giorni cadde la riccorenza di Rosh Ha-shanah, capodanno ebraico.
Il decimo giorno cadde la ricorenza di Yom Kippur, giorno di riflessione, di penitenza e di richiesta di perdono a Dio per gli errori commessi durante l’anno.
Poi dal quindicesimo giorno del mese, si succedono le feste di Sukkoth, di Shemini Atzereth e di Simchath Torah, festività di gioia e la riconferma dell’impegno a studiare ed ad osservare la Torah.
L’inizio di un nuovo anno impegna ogni ebreo a meditare su quanto ha compiuto in passato, e su quanto intende compiere nell’anno, che sta per iniziare. Una meditazione densa di significato, che abbraccia tutti i sentimenti dell’uomo, e lo impegna al miglioramento e alla ricerca della purificazione in un’atmosfera di particolare santità; ma, in vista dell’anno nuovo, prende in considerazione anche il suo bisogno di essere felice e di gioire dei doni di Dio gli ha concesso.

Rosh ha-shanah e Kippur sono due momenti di grande solennità perché ci invitano ad arrestare per un momento il nostro affannoso cammino quotidiano, per riflettere sulla strada che stiamo percorrendo. (…)
Penitenza, espiazione, purificazione e perdono sono i quattro semi che piantiamo nel nostro cuore fra Rosh ha-shanah e Kippur (sono 10 giorni chiamati i 10 giorni di penitenza) perché durante l’anno diamo i loro frutti.

Fonte: Clara e Elia Kopciowski, “le pietre del tempo, il popolo ebraico e le sue feste”.

http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=178&Itemid=1


Il calendario ebraico

Il calendario si riferisce alla creazione del mondo, in 3760 prima dell’era cristiana, secondo la tradizione ebraica. L’anno 2008 dell’era cristiana corrisponde all’anno 5768 del calendario ebraico.

Il calendario ebraico ha una base sia lunare sia solare. Segue un anno lunare di dodici mesi di cui ognuno conta 29 o 30 giorni (ossia 354 giorni). Ma siccome le festività ebraiche seguono le stagioni agricole dell’anno solare (ossia 365 giorni) e devono cadere nella stagione giusta, bisogna colmare la differenza di undici giorni tra l’anno lunare e l’anno solare. Si aggiunge quindi un tredicesimo mese sette volte ogni diciannove anni. I dodici mesi del calendario ebraico portano i nomi di origine babilonese: Nissan, Iyar, Sivan, Tammuz, Av, Elul, Tishrì, Cheshvan, Kislev, Tevet, Shevat, Adar. Adar Sheni è il tredicesimo mese che è aggiunto.

Una giornata comincia al tramonto e si finisce il giorno all’uscita delle prime tre stelle. Lo Shabbat (settimo giorno) comincia il venerdì sera e termina il sabato sera. Tutte le feste cominciano al tramonto.


http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=139&Itemid=1




Il calendario delle festività ebraiche 5770 (2009-2010)
ROSH HA SHANA’ (19 e 20 settembre 2009; vigilia 18 settembre)
DIGIUNO DI GHEDALIA’ (21 settembre 2009)
YOM KIPPUR (28 settembre 2009, vigilia 27 settembre)
SUCCOT (dal 3 al 10 ottobre 2009)
OSHAANA RABBA' (9 ottobre 2009)
SHEMINI’ ATZERET (10 ottobre 2009)
SIMCHAT TORA’ (11 ottobre 2009)
CHANNUCCA’ (dal 12 al 19 dicembre 2009)
DIGIUNO DEL 10 DI TEVETH (27 dicembre 2009)
ROSH HASHANA’ LAILANOT (TU BISHVAT) (30 gennaio 2010)
DIGIUNO DI ESTER (25 febbraio 2010)
PURIM (28 febbraio 2010)
DIGIUNO DEI PRIMOGENITI (29 marzo 2010)
PESACH (dal 30 marzo al 6 aprile 2010)
YOM HA SHOAH (12 aprile 2010)
YOM HA ZIKARON (19 aprile 2010)
YOM HA ATZMAUT (20 aprile 2010)
LAG BAOMER (2 maggio 2010)
YOM YERUSHALAIM (12 maggio 2010)
SHAVUOTH (19-20 maggio 2010)
DIGIUNO DEL 17 TAMUZ (29 giugno 2010)
TISH’ A’ BE AV (20 luglio 2010, vigilia 19 luglio)
ROSH CHODESH ELUL (11 agosto 2010)


ROSH HA SHANA’
VIGILIA VENERDI 18 SETTEMBRE
Selichot ore 05.30
Accensione lumi ore 19.00
Minchà e Arvith ore 19.00
I GIORNO SABATO 19 SETTEMBRE
Schachrit e Musaf ore 08.30
Minchà e Arvith ore 19.00
II GIORNO DOMENICA 20 SETTEMBRE
Schachrit e Musaf (suono dello shofar) ore 08.30
Tashlich (Piazza dei Martiri) ore 17.45
Minchà e Arvith ore 19.00
Uscita festa ore 19.55

DIGIUNO DI GHEDALIA’
LUNEDI 21 SETTEMBRE
Inizio ore 05.34
Termine ore 19.48

YOM KIPPUR
VIGILIA DOMENICA 27 SETTEMBRE
Selichot ore 05.30
Preghiera defunti Certosa ore 10.00
Minchà con mod’à ore 13.00
Accensione dei lumi e inizio digiuno ore 18.30
Kol Nedarim e Arvith ore 18.45
LUNEDI 28 SETTEMBRE
Shachrit e Musaf ore 08.30
Lettura Sefer ore 11.30
Commemorazione dei defunti ore 13.00
Musaf ore 14.00
Minchà ore 15.45
Neilà ore 17.45
Suono dello shofar ore 19.32
Termine del digiuno ore 19.47

SUCCOT
VIGILIA VENERDI 2 OTTOBRE
Accensione dei lumi ore 18.30
Minchà e Arvith ore 18.30
I GIORNO SABATO 3 OTTOBRE
Shachrit e Musaf ore 09.00
Minchà e Arvith ore 18.30
II GIORNO DOMENICA 4 OTTOBRE
Shachrit e Musaf ore 09.00
Minchà e Arvith ore 18.30
Uscita della festa ore 19.30

HOSHA’ANA’ RABBA’
VIGILIA GIOVEDI 8 OTTOBRE
Arvith ore 19.00
Tikkun con il suono dello shofar
VENERDI 9 OTTOBRE
Shachrit e Musaf (suono dello shofar) ore 07.00

SHEMINI’ ATZERET
VIGILIA VENERDI 9 OTTOBRE
Accensione dei lumi ore 18.22
Minchà e Arvith ore 18.15
SABATO 10 OTTOBRE
Shachrit e Musaf (mashiv ha ruach) ore 09.00
Minchà e Arvith ore 18.15
Dopo arvith si celebrerà la funzione delle Haccafot

SIMCHAT TORA’
DOMENICA 11 OTTOBRE
Shachrit e Musaf ore 09.00
Benedizione dei bambini
Minchà e Arvith ore 18.15
Uscita della festa ore 19.17

CHANNUCCA’
VIGILIA VENERDI 11 DICEMBRE
Minchà ore 16.00 con accensione I lampada
Arvith di seguito
I GIORNO SABATO 12 DICEMBRE
Orari dello shabbat

DIGIUNO DEL 10 DI TEVETH
DOMENICA 27 DICEMBRE
Inizio ore 06.15
Temine ore 17.24
Minchà con comm. dei deportati ore 13.00

ROSH HASHANA’ LAILANOT
(Tu Bishvat sabato 30 gennaio 2010)
VIGILIA VENERDI 29 GENNAIO
Arvith ore 19.30
Dopo Arvith si svolgerà il tradizionale Seder in mensa

GIOVEDI 25 FEBBRAIO
Digiuno di Ester anticipato: inizio ore 5.11 - termine ore 18.40
Minchà ore 13.30

PURIM
VIGILIA SABATO 27 FEBBRAIO
Minchà ore 17.45
Arvith con lettura della Meghillà ore 18.30
DOMENICA 28 FEBBRAIO
Shachrit con lettura della Meghillà ore 8.30

DOMENICA 28 MARZO
Bedichat Chametz a sera


PESACH 30 MARZO - 6 APRILE
VIGILIA LUNEDI 29 MARZO
DIGIUNO DEI PRIMOGENITI
Inizio 05.32 - termine 20.19
Shachrit con sjium Massachtà ore 7.30
(coloro che assistono possono interrompere il digiuno)
Bijur Chamez entro e non oltre le ore 10.30 (divieto di cibarsi di pane e cibi lievitati)
Accensione dei lumi ore 19.17
Minchà e Arvith ore 19.30
I GIORNO MARTEDI 30 MARZO
Shachrit e Musaf (morid ha tal) ore 09.00
Minchà e Arvith ore 19.30
II GIORNO MERCOLEDI 31 MARZO
Shachrit e Musaf ore 09.00
Minchà e Arvith ore 19.30
Uscita festa ore 20.15
VIGILIA (6° giorno) DOMENICA 4 APRILE
Acc. dei lumi ore 19.25
Minchà e Arvith ore 19.30
VII GIORNO LUNEDI 5 APRILE
Shachrit e Musaf ore 09.00
Minchà e Arvith ore 19.30
VIII GIORNO MARTEDI 6 APRILE
Shachrit e Musaf (Benedizione dei bambini) ore 09.00
Minchà e Arvith ore 19.45
Uscita della festa ore 20.33

YOM HA ZIKARON
LUNEDI 19 APRILE
Minchà e Arvith con il suono dello shofar ore 20.00

YOM HA ATZMAUT
MARTEDI 20 APRILE
Shachrit ore 07.30

SHAVUOTH
E’ consuetudine portare i fiori al Tempio la vigilia fino alle ore 13.00
VIGILIA MARTEDI 18 MAGGIO
Acc. dei lumi ore 20.20
Minchà e Arvith ore 20.30
I GIORNO MERCOLEDI 19 MAGGIO
Shachrit e Musaf ore 09.00
Minchà e Arvith ore 19.30
II GIORNO GIOVEDI 20 MAGGIO
Shachrit e Musaf (con benedizione dei bambini) ore 09.00
Minchà e Arvith ore 20.30
Uscita della festa ore 21.32

DIGIUNO DEL 17 TAMUZ
MARTEDI 29 GIUGNO
Inizio ore 03.28
Termine ore 21.50
Minchà ore 13.30

TISH’A’ BE AV
VIGILIA LUNEDI 19 LUGLIO
Arvith e Inizio digiuno ore 20.48
MARTEDI 20 LUGLIO
Shachrit ore 07.30
Minchà ore 13.30
Termine digiuno ore 21.45
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sabato 22 agosto 2009

Rosh Chodesh Elul (20-21 agosto 2009)


Rosh Chodesh Elul (20-21 agosto 2009)

Il mese di Elul
HA MELEKH BA-SADE’
(Il re nel campo)

Di Rav Alberto Sermoneta
Testo scritto nel 2008

Il mese di Elul è l’ultimo mese del calendario ebraico, il mese che precede il grande giorno di Rosh ha Shanà.
Per questo motivo è conosciuto dalla tradizione rabbinica come chodesh ha selichot ve ha rachamim, ossia il mese delle suppliche e della misericordia.
C’è uno scambio fra noi e D-o, verso cui noi rivolgiamole nostre suppliche e Lui si comporta nei nostri confronti con misericordia.

Il termine rachamim viene tradotto con misericordia, ma esso vuole intendere qualcosa di molto più profondo e che soltanto noi ebrei, siamo riusciti a interpretare, in quanto la nostra tradizione ci ha sempre indirizzati a comprendere le strade più profonde all’interno dei nostri cuori.
Rachamim se analizzato grammaticalmente, può essere definito il plurale della parola rechem che significa utero, ventre materno; una caratteristica comune a tutte le donne che hanno messo al mondo dei figli, è quella di comprendere i loro sentimenti più interiori e addirittura, aiutarli e comprenderli anche quando essi sbagliano, e nella maggior parte delle volte, perdonarli.
Questa è anche la caratteristica divina in quanto Iddio è in grado di comprendere l’operato dei suoi “figli” e persino di perdonarli nei momenti in cui essi sbagliano, poiché egli ama il perdono e non la punizione.


Il mese di Elul ha la forza di fare in modo che Iddio, attraverso le suppliche che noi Gli rivolgiamo, possa perdonarci delle nostre colpe e dei nostri trascorsi, avvenuti durante l’anno, e di cui noi ci siamo realmente ravveduti, non soltanto a parole ma anche attraverso i fatti.
“Lo ha midrash hu ha ikkar ellà ha ma’asè”, “ non è la chiacchiera la cosa fondamentale ma il fatto” ci ammoniscono i Maestri della Mishnà! Cioè non sono le promesse a parole, quelle che noi facciamo quando ci troviamo nei momenti critici della nostra vita, ma ciò che riusciamo a mantenere è la cosa fondamentale!

Racconta un midrash, che quando il re di un luogo decide di scendere incontro ai suoi sudditi, per ascoltare le loro necessità e vedere ciò che essi fanno per lui nei campi da lavoro, ogni suddito ed ogni lavoratore, cerca di accaparrarsi il posto più vicino al percorso che il re farà, in modo da chiedergli quelle che sono le sue necessità ed avere più probabilità di essere ascoltato.
E’ così che dobbiamo fare noi ebrei durante il mese di Elul, cioè il mese in cui il Signore è più vicino al suo popolo, per vedere il suo lavoro ed ascoltare quelle che sono le sue richieste, ed è per questo che noi dobbiamo approfittare di quest’opportunità che ci viene data una volta all’anno.

Durante tutto il mese di Elul, c’è l’uso di alzarsi di mattina molto presto, quando è ancora buio (molti usano farlo nel cuore della notte) e recitare una serie di preghiere e di suppliche chiamate SELICHOT, in cui oltre a chiedere perdono a D-o di tutto ciò che di non buono abbiamo fatto nel corso dell’anno che si sta per concludere, anche quelle che sono le nostre necessità per vivere una vita buona e dignitosa e che possa metterci nella condizione di servire soltanto Lui e nessun altri, tanto meno i nostri simili.
La caratteristica di queste selichot è quella proprio dell’orario in cui esse vengono recitate e cioè nel fondo della notte, quasi a rimarcare il fatto che a quell’ora, la maggior parte degli uomini usano dormire e simboleggiare quasi che il Signore, sia meno intento nella sua attività e quindi abbia più tempo per ascoltare le preghiere del popolo di Israele a Lui particolarmente caro.
Sembra un quadretto che descrive un idillio amoroso in cui due innamorati si incontrano di segreto, non tanto per mantenere la cosa nascosta agli altri, ma per non creare reazioni di gelosia da parte degli altri popoli.
Un famoso maestro del secolo scorso, commentava il periodo delle selichot e quindi del mese di Elul, dicendo che come ogni malattia del fisico umano ha bisogno di un periodo più o meno breve di cure per far sì che il corpo possa riprendere le sue forze e affrontare nuovamente la vita di tutti i giorni, così anche l’anima ha bisogno di cure, per guarire dalla sua malattia e tornare a vivere sana.

Una delle peggiori malattie dell’anima è la LASHON HA RA’ ossia il parlare male del prossimo; essa non è soltanto lo spettegolare ma anche l’allusione a qualcosa di negativo o addirittura l’insinuazione di un cattivo comportamento del prossimo, riferito ad una terza persona.
Essa è considerata fra le peggiori categorie di colpa di cui il popolo si possa macchiare; è punita non con la morte repentina, ma con malattie che portano ad un alto grado di sofferenza, fintanto che colui che si macchia di tale colpa possa rendersi conto del danno che ha causato a suo “fratello”.
Se si pensa alla storia di Miriam, sorella di Mosè che per aver soltanto appena insinuato qualcosa di vero nei confronti di suo fratello, viene colpita da questa atroce malattia che non la danneggia soltanto a livello fisico, ma anche a livello morale e psicologico.

Questo periodo di cura coincide con il mese di Elul, con le selichot e tutte le altre azioni che ogni ebreo ha il dovere di fare e che non sono meno importanti di quest’ultima.
I nostri Maestri ci esortano oltre alle selichot ad attuare altre mizvot fondamentali alla nostra guarigione, che sono:
La teshuvà, non il pentimento ma il ritorno, ossia il ritorno a quella strada che ci ha indicato la Torà e che ci permette di non correre rischi di sbagliare o trasgredire.
La zedakà, non l’elemosina ma l’opera di giustizia che ogni ha ebreo ha il dovere di osservare verso chiunque possa chiedergliela. Ogni ebreo, tanto il ricco quanto il povero ha il dovere di fare la zedakà in modo tale che non vi siano all’interno del popolo di Israele disparità nel comportamento verso il Signore Iddio.
La tefillà, non soltanto la preghiera, ma la volontà di sapersi sottoporre al giudizio divino, accettandone le conseguenze del proprio comportamento.

Soltanto in queste condizioni possiamo affrontare quel giorno grande e terribile che è Rosh ha Shanà, chiamato dai Maestri di Israele Jom ha Din – giorno del giudizio - in cui ognuno di noi dovrà dare giustificazione del proprio operato davanti a Colui che è Chaj ve Kajam (vivo nell’eternità) e che usa che tutte le creature del creato gli passino davanti per essere analizzate e che non prende corruzione né usa parzialità.

Per cui prendiamo l’insegnamento di quel Maestro che dice che come ogni malattia del corpo, anche quelle dell’anima hanno bisogno di essere curate e approfittiamo delle cure nel momento in cui il RE E’ NEL CAMPO ed più disposto ad ascoltare i nostri bisogni.

A tutti voi un caloroso chodesh tov e buon inizio di teshuvà.
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mercoledì 22 luglio 2009

Tisha Beav 5769 (30 luglio 2009)


Tisha Beav 5769 (30 luglio 2009)
Tisha Beav è celebrato quest’anno (2009) il 30 luglio (dal 29 luglio sera al 30 luglio sera).
Il digiuno è da mercoledì 29 luglio ore 20,40 a giuvedì 30 luglio ore 21.16.

Il 9 del mese di Av nel calendario ebraico cade la giornata di lutto Tisha Beav. E’ uno dei maggiori digiuni del giudaismo dopo quello di Yom Kippur. Non è un giorno di espiazione come Yom Kippur ma un giorno di lutto. Alcuni hanno detto che Tisha Beav era il giorno più triste della storia ebraica.


Il 9 di Av dell’anno -586 dell’era cristiana, Nabucodonosor II marcia su Gerusalemme e distrugge la città e il primo Tempio, cacciando parte del popolo ebraico in Babilonia.
Il 9 di Av, 656 anni più tardi, Tito distrugge il secondo Tempio, brucia Gerusalemme e caccia gli ebrei fuori dalla Palestina.
Il 9 Av è per questa ragione considerata l’inizio dei due esili.

Il digiuno dura 25 ore dal tramonto del sole all’apparizione delle prime tre stelle il giorno successivo.
Come a Yom Kippur, si osserva un digiuno completo (no cibo e no bibite).
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Digiuno del 17 Tammuz 5769 (9 luglio 2009)


Digiuno del 17 Tammuz 5769 (9 luglio 2009)

Il digiuno del 17 di Tammuz ricorda la distruzione di Gerusalemme ad opera dei Babilonesi, preludio all'incendio e al saccheggio del Tempio che avvennero il 9 di Av del 586 a.e.v.

Così come quest'ultima data ricorda altri eventi infausti della storia ebraica, a partire dall'episodio degli esploratori mandati da Mosè a perlustrare la Terra promessa fino alla cacciata degli ebrei dalla Spagna nel 1492, anche il 17 di Tammuz ricorda altre sventure.

Fra queste, in particolare, la rottura delle Tavole della Legge da parte di Mosè alla vista degli ebrei che danzavano attorno al vitello d'oro. I Maestri hanno detto che tutte le disgrazie successe al popolo ebraico nella sua lunga storia vengono a far scontare in parte anche quella colpa, commessa a soli 40 giorni da quando erano stati promulgati i Dieci Comandamenti che includevano il divieto d'idolatria. Mosè, secondo l'opinione della maggior parte dei Maestri, ruppe le Tavole della Legge di propria iniziativa (un'altra cosa che Mosè fece spontaneamente fu posticipare di un giorno il dono della Torà da parte di D-o).

Molti si sono chiesti (e non solo fra i Maestri): perché Mosè spezzò le Tavole? Dopo tutto, esse erano opera divina e quindi quanto di più santo si potesse immaginare. Romperle potrebbe sembrare un atto estremamente sacrilego. Come osò Mosè fare una cosa del genere? Varie risposte sono state date. Presentiamo qui la risposta assai interessante che si trova nel commento alla Torà Meshekh Chokhmà, di Rabbi Meir Simcha Ha-Kohen, nato vicino a Vilna nel 1843 e morto nel 1926 a Dvinsk, nella Lettonia, dove era stato rabbino per quasi 40 anni.

"E avvenne che quando Mosè si avvicinò all'accampamento e vide il vitello e le danze, si adirò e gettò le Tavole dalle sue mani, spezzandole ai piedi del monte" (Esodo 32:19).
La Torà e la Fede sono i fondamenti del popolo d'Israele. Tutte le cose sante, come la terra d'Israele, Gerusalemme ecc., sono secondarie e particolari, e la loro santità è subordinata a quella della Torà. Per questo non c'è alcuna differenza di tempo e di luogo per tutto ciò che riguarda la Torà, ed essa è identica sia nella terra d'Israele che al di fuori di questa, a parte i comandamenti specifici che riguardano il suolo della Terra (d'Israele). La Torà è uguale sia per una persona che abbia raggiunto il massimo livello, come Mosè "uomo di D-o", che per quella più umile. Mosè stesso non era che un intermediario (vedi Deut. 5:5), e la Torà non è intrinsecamente a lui legata, ma ha essa stessa una propria ragione di essere. Infatti D-o e la Torà sono un tutt'uno, e come Egli ha la Sua ragion d'essere, così è anche per la Torà, e l'esistenza di questa non dipende se non da quella del Santo Benedetto. Tuttavia, colui che possiede un'intelligenza limitata non riesce a concepire una realtà necessaria in sé e per sé senz'altro scopo. Perciò (i figli di Israele) cercarono con ogni mezzo di farsi delle forme e delle immagini che rappresentassero delle vie di accesso al Cielo, e dicevano: questo è il Carro per la Divinità, questo è ciò che controlla e fa girare tutti gli affari del mondo. A queste forme prestavano culto, offrivano sacrifici e bruciavano incenso. Le danze sfrenate ebbero origine dai loro concetti concreti e visibili. Tutto ciò derivò dal fatto che Mosè aveva ritardato a tornare all'accampamento, e la loro fede ne fu quindi scossa; essi cercarono di farsi un vitello e di farvi scendere uno spirito dall'alto, decretando che quello era il carro della divinità, che controllava il mondo terreno e che li aveva fatti uscire dall'Egitto. Un peccato simile fu commesso successivamente anche da Geroboamo (1 Re, 12).
Questo fu il motivo per cui Mosè si adirò così tanto, e urlò dicendo: Come potete pensare che io sia importante, e che abbia una qualche santità al di fuori dei comandamenti di D-o, a tal punto che in mia assenza vi siete fatti un vitello! Ma io sono un uomo come voi e la Torà non dipende da me. Anche se io non fossi venuto affatto, la realtà della Torà non sarebbe cambiata. Non pensiate che il Tempio e il Tabernacolo abbiano una santità intrinseca, lungi da ciò! D-o benedetto dimora in essi in mezzo ai suoi figli, ma se questi commettono una colpa, la santità abbandona totalmente (gli oggetti sacri), che diventano oggetti qualunque di uso profano. Tito entrò nel Santo dei Santi (del Tempio di Gerusalemme) accompagnato da una prostituta, e non gli successe niente, perché il Tempio era privo ormai di ogni santità. E ancor di più: le Tavole della Legge, "opera di D-o", anch'esse non sono intrinsecamente sante, lo sono solo in virtù vostra. Nel momento in cui la sposa commette adulterio sotto il baldacchino nuziale, le Tavole diventano uguali a pezzi d'argilla privi di alcuna santità. Esse sono sante solo finché voi le osservate. In conclusione: non c'è niente di sacro al mondo a cui si debba prestare culto e sottomettersi. Solo D-o è santo, nella Sua ragion d'essere, e a Lui soltanto sono dovuti omaggio e culto. Tutte le cose sacre sono tali solo per effetto dell'ordine del Creatore, che ha comandato di costruire un Tabernacolo dove presentare, a Lui solo, sacrifici e offerte. Ora possiamo capire perché Mosè, "quando si avvicinò all'accampamento e vide il vitello e le danze" e comprese quanto grande fosse il loro errore, "si adirò e gettò le Tavole dalle sue mani": egli voleva far capire che non c'è nessuna santità e divinità al di fuori della realtà del Creatore, sia benedetto il Suo santo Nome. Se Mosè avesse consegnato loro le Tavole, essi avrebbero semplicemente sostituito il vitello con le Tavole, senza capire il proprio errore. Ma quando ruppe le Tavole, capirono quanto lontano essi fossero dallo scopo della fede e dalla pura Torà. Non c'è alcuna santità nel creato se non in virtù del fatto che Israele osserva la Torà in accordo con la volontà del Creatore, sia santo il Suo Nome benedetto, il vero Essere. Per questo il libro del Deuteronomio (4:15) ci ammonisce: "nessuna immagine voi vedeste…".
Traduzione e adatt. dall'ebraico a cura di David Gianfranco Di Segni (originalmente pubblicato su Shalom)

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sabato 30 maggio 2009

ASCENSIONE E PENTECOSTE



STUDIO BIBLICO

ASCENSIONE E PENTECOSTE



ATTI DEGLI APOSTOLI: 1, 1-2, 47




1 Gesù promette lo Spirito Santo


1Caro Teòfilo,
nel mio primo libro ho raccontato tutto quello che Gesù ha fatto e insegnato cominciando dagli inizi della sua attività, 2fino a quando fu portato in cielo. Prima di salire in cielo egli, per mezzo dello Spirito Santo aveva dato istruzioni a coloro che aveva scelto come apostoli. 3Dopo la sua morte Gesù si presentò loro, e in diverse maniere si mostrò vivo. Per quaranta giorni apparve ad essi più volte, parlando del regno di Dio. 4Un giorno, mentre erano a tavola, fece questa raccomandazione: "Non allontanatevi da Gerusalemme, ma aspettate il dono che il Padre ha promesso e del quale io vi ho parlato. 5Giovanni infatti ha battezzato con acqua; voi, invece, fra pochi giorni sarete battezzati con lo Spirito Santo".

Gesù sale al cielo
6Allora quelli che si trovavano con Gesù gli domandarono:
- Signore, è questo il momento nel quale tu devi ristabilire il regno per Israele?
7Gesù rispose:
- Non spetta a voi sapere quando esattamente ciò accadrà: solo il Padre può deciderlo. 8Ma riceverete la forza dello Spirito Santo, che sta per scendere su di voi. Allora diventerete miei testimoni in Gerusalemme, in tutta la regione della Giudea e della Samaria e in tutto il mondo.
9Detto questo Gesù incominciò a salire in alto, mentre gli apostoli stavano a guardare. Poi venne una nube, ed essi non lo videro più. 10Mentre avevano ancora gli occhi fissi verso il cielo, dove Gesù era salito, due uomini, vestiti di bianco, si avvicinarono loro 11e dissero: "Uomini di Galilea, perché ve ne state lì a guardare il cielo? Questo Gesù che vi ha lasciato per salire in cielo, ritornerà come lo avete visto partire".

Mattia prende il posto di Giuda
12Allora gli apostoli lasciarono il monte degli Ulivi e ritornarono a Gerusalemme. Questo monte è vicino alla città: a qualche minuto di strada a piedi. 13Quando furono arrivati, salirono al piano superiore della casa dove abitavano. Ecco i nomi degli apostoli: Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo figlio di Alfeo, Simone che era stato del partito degli zeloti, e Giuda figlio di Giacomo. 14Erano tutti concordi, e si riunivano regolarmente per la preghiera con le donne, con Maria, la madre di Gesù, e con i fratelli di lui.
15In quei giorni, le persone radunate erano circa centoventi. Pietro si alzò in mezzo a tutti e disse: 16"Fratelli, era necessario che si realizzasse quello che lo Spirito Santo aveva detto nella Bibbia. Per mezzo di Davide egli aveva parlato di Giuda, che divenne la guida di coloro che arrestarono Gesù. 17Giuda era uno di noi, e come noi era stato scelto per questa missione.
18"Con i soldi ricavati dal suo delitto, Giuda comprò un campo e là morì precipitando a capofitto: il suo corpo si è squarciato e le sue viscere si sono sparse. 19Il fatto è noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme a tal punto che quel campo, nella loro lingua, essi lo chiamano Akeldamà, cioè campo del sangue.
20"Ricordate ciò che sta scritto nel libro dei Salmi:
La sua casa diventi un deserto
e nessuno più vi abiti.
Sta scritto pure:
il suo incarico lo prenda un altro.
21- 22"È necessario dunque che un altro si unisca a noi per farsi testimone della risurrezione del Signore Gesù. Deve essere uno di quelli che ci hanno accompagnato mentre il Signore Gesù è vissuto con noi, da quando Giovanni predicava e battezzava fino a quando Gesù è stato portato in cielo, mentre era con noi".
23Vennero allora presentati due uomini: un certo Giuseppe, detto Barsabba o anche Giusto, e un certo Mattia. 24Poi pregarono così: "O Signore, tu che conosci il cuore di tutti, facci sapere quale di questi due tu hai scelto. 25Giuda ci ha lasciati ed è andato al suo destino. Chi di questi due dovrà prendere il suo posto e continuare la missione di apostolo?".
26Tirarono a sorte, e la scelta cadde su Mattia, che fu aggiunto al gruppo degli undici apostoli.


2 Lo Spirito Santo scende sugli apostoli

1Quando venne il giorno della Pentecoste, i credenti erano riuniti tutti insieme nello stesso luogo. 2All'improvviso si sentì un rumore dal cielo, come quando tira un forte vento, e riempì tutta la casa dove si trovavano. 3Allora videro qualcosa di simile a lingue di fuoco che si separavano e si posavano sopra ciascuno di loro. 4Tutti furono riempiti di Spirito Santo e si misero a parlare in altre lingue, come lo Spirito Santo concedeva loro di esprimersi.
5A Gerusalemme c'erano Ebrei, uomini molto religiosi, venuti da tutte le parti del mondo. 6Appena si sentì quel rumore, si radunò una gran folla e non sapevano che cosa pensare. Ciascuno infatti li sentiva parlare nella propria lingua. 7Erano pieni di meraviglia e di stupore e dicevano: "Questi uomini che parlano non sono tutti Galilei? 8Come mai allora ciascuno di noi li sente parlare nella sua lingua nativa? 9Noi apparteniamo a popoli diversi: Parti, Medi e Elamiti. Alcuni di noi vengono dalla Mesopotamia, dalla Giudea e dalla Cappadòcia, dal Ponto e dall'Asia, 10dalla Frigia e dalla Panfilia, dall'Egitto e dalla Cirenaica, da Creta e dall'Arabia. C'è gente che viene perfino da Roma: 11alcuni sono nati ebrei, altri invece si sono convertiti alla religione ebraica. Eppure tutti li sentiamo annunziare, ciascuno nella sua lingua, le grandi cose che Dio ha fatto".
12Se ne stavano lì pieni di meraviglia e non sapevano che cosa pensare. Dicevano gli uni agli altri: "Che significato avrà tutto questo?". 13Altri invece ridevano e dicevano: "Sono completamente ubriachi".

Pietro annunzia la risurrezione di Gesù
14Allora Pietro si alzò insieme con gli altri undici apostoli. A voce alta parlò così: "Uomini di Giudea e voi tutti che vi trovate a Gerusalemme: ascoltate attentamente le mie parole e saprete che cosa sta accadendo. 15Questi uomini non sono affatto ubriachi, come voi pensate, - tra l'altro è presto: sono solo le nove del mattino. - 16Si realizza invece quello che Dio aveva annunziato per mezzo del profeta Gioele.
17 Ecco - dice Dio - ciò che accadrà negli ultimi giorni:
manderò il mio Spirito su tutti gli uomini:
i vostri figli e le vostre figlie saranno profeti,
i vostri giovani avranno visioni,
i vostri anziani avranno sogni.
18Su tutti quelli che mi servono, uomini e donne,
in quei giorni io manderò il mio Spirito
ed essi parleranno come profeti.
19Farò cose straordinarie lassù in cielo
e prodigi quaggiù sulla terra:
sangue, fuoco e nuvole di fumo.
20Il sole si oscurerà
e la luna diventerà rossa come il sangue.
prima che venga il giorno grande e
glorioso del Signore.
21Allora, chiunque invocherà il nome del
Signore sarà salvo.
22"Uomini d'Israele, ascoltate ciò che sto per dire. Gesù di Nàzaret era un uomo accreditato da Dio per voi con miracoli, con prodigi e con segni. È stato Dio stesso a compierli per mezzo di lui fra voi. E voi lo sapete bene! 23Quest'uomo, secondo le decisioni e il piano prestabilito da Dio, è stato messo nelle vostre mani e voi, con la complicità di uomini malvagi, lo avete ucciso inchiodandolo a una croce. 24Ma Dio l'ha fatto risorgere, liberandolo dal potere della morte. Era impossibile infatti che Gesù rimanesse schiavo della morte. 25Un salmo di Davide infatti dice di lui:
Vedevo continuamente il Signore davanti a me:
egli mi sostiene perché io non abbia a cadere.
26Per questo io sono pieno di gioia e canto la mia felicità.
Pur essendo mortale, vivrò nella speranza,
27perché tu non mi abbandonerai nel mondo dei morti
e non permetterai che il tuo santo vada in corruzione.
28Tu mi hai mostrato i sentieri che portano alla vita
e con la tua presenza mi riempirai di gioia.
29"Fratelli, devo parlarvi molto chiaramente riguardo al nostro patriarca Davide. Egli è morto e fu sepolto, e la sua tomba si trova ancor oggi in mezzo a noi. 30Egli però era profeta, e sapeva bene quel che Dio gli aveva promesso con giuramento: "metterò sul tuo trono uno del tuo sangue".
31"Davide dunque vide in anticipo ciò che doveva accadere, e queste sue parole si riferiscono alla risurrezione del Messia:
Egli non è stato abbandonato nel mondo dei morti
e il suo corpo non è andato in corruzione.
32"Questo Gesù, Dio lo ha fatto risorgere, e noi tutti ne siamo testimoni. 33Egli è stato innalzato accanto a Dio e ha ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che era stato promesso. Ora egli lo dona a noi come anche voi potete vedere e udire. 34Davide infatti non è salito in cielo; eppure egli dice:
Il Signore ha detto al mio Signore:
siedi accanto a me
35finché io porrò i tuoi nemici
come sgabello dei tuoi piedi.
36"Tutto il popolo d'Israele deve dunque saperlo con certezza: questo Gesù che voi avete crocifisso, Dio lo ha fatto Signore e Messia".
37All'udire queste parole, i presenti si sentirono come trafiggere il cuore e chiesero a Pietro e agli altri apostoli:
- Fratelli, che cosa dobbiamo fare?
38Pietro rispose:
- Cambiate vita e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo. Riceverete il perdono dei vostri peccati e il dono dello Spirito Santo. 39Infatti, ciò che Dio ha promesso vale per voi, per i vostri figli e per quelli che sono lontani: tutti quelli che il Signore, Dio nostro, chiamerà.
40Inoltre, Pietro disse molte altre cose per convincerli e per esortarli. Tra l'altro diceva: "Mettetevi in salvo dal castigo che sta per venire sopra questa generazione perversa!".
41Alcuni ascoltarono le parole di Pietro e furono battezzati. Così, in quel giorno, circa tremila persone furono aggiunte al gruppo dei credenti.

La vita della comunità
42Essi ascoltavano con assiduità l'insegnamento degli apostoli, vivevano insieme fraternamente, partecipavano alla Cena del Signore e pregavano insieme.
43Dio faceva molti miracoli e prodigi per mezzo degli apostoli: per questo ognuno era preso da timore. 44Tutti i credenti vivevano insieme e mettevano in comune tutto quello che possedevano. 45Vendevano le loro proprietà e i loro beni e distribuivano i soldi fra tutti, secondo le necessità di ciascuno. 46Ogni giorno, tutti insieme, frequentavano il Tempio. Spezzavano il pane nelle loro case e mangiavano con gioia e semplicità di cuore. 47Lodavano Dio ed erano ben visti da tutta la gente. Di giorno in giorno il Signore aggiungeva alla comunità quelli che egli salvava.


http://www.bibbiaedu.it/pls/bibbiaol/GestBibbia_int2.Ricerca?Libro=Atti_degli_Apostoli&Capitolo=1

http://www.bibbiaedu.it/pls/bibbiaol/GestBibbia_int2.Ricerca?Libro=Atti_degli_Apostoli&Capitolo=2


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giovedì 28 maggio 2009

Festività di Shavuoth 5769 (29-30 maggio 2009)


Festività di Shavuoth 5769 (29-30 maggio 2009)
Orario ufficiature e letture Torah 5769 (2009) (services time and Torah readings)

“Celebrerai la festa dell’Eterno, del tuo Dio, mediante offerte volontarie che presenterai nella misura delle benedizioni che avrai ricevuto dall’Eterno tuo Dio” (Dt 16, 19).

La festa di Shavuoth cade quest’anno i 29 e 30 maggio 2009.
E’ celebrata 50 giorni dopo Pesach e costituisce una delle tre feste di pellegrinaggio (con Sukkoth e Pesach).
E’ la festa delle offerte per eccellenza, chiamata anche Yom ha-bikkurim, “giorno delle primizie”, perché era il giorno in cui, da tutto il paese, ci si recava al Tempio di Gerusalemme per offrire al Santuario le primizie dei campi.
Durante tutte e tre feste di pellegrinaggio la popolazione maschile di Israele – ma per Sukkoth il pellegrinaggio a volte era previsto anche per le donne e i bambini (Es 2) – partiva da ogni paese, da ogni villaggio, per portare al Tempio di Gerusalemme la propria offerta, a testimonianza della propria presenza e della propria fedeltà all’ordine divino.
Alle origini della festa
Di seguito alla distruzione del secondo tempio (70 dopo l’era cristiana), la festività si ricentra sulla commemorazione dell’Alleanza al Sinai, al dono della Torah e dei Dieci Comandamenti.
Dopo l’uscita dell’Egitto i figli d’Israele si diressero verso il paese di Canaan, e sette settimane dopo giunsero dinanzi al monte Sinai dove ricevettero l’ordine di lavare i propri abiti. Il terzo giorno, fra lampi e tuoni, il Signore parlò al popolo che però, dinanzi allo svolgimento della natura e della potenza della voce di Dio, fu preso da grande spavento.
Mosè ricevette allora da Dio l’ordine di recarsi da solo sulla cima del monte, dove rimase quaranta giorni e quaranta notti per ricevere le due tavole della Legge, o più esattamente, come dice il testo ebraico, “le due Tavole dell’Alleanza”, il Decalogo.
L’espressione comunemente usata, Dieci Comandamenti, è imprecisa in quanto il termine che si trova nella Torah, “assereth ha-dibberoth”, le “dieci parole”, assegna a quest’ultime il valore, piuttosto, di messaggi.
Ma il popolo, vedendo che Mosè dopo quaranta giorni non era ancora tornato, temette di essere stato abbandonato e con, l’oro ricevuto in dono dagli egiziani, si costruì un vitello d’oro a imitazione del Bue Api adorato da quest’ultimi.
Mosè, scese dal Sinai, vedendo il popolo abbandonarsi all’adorazione di un idolo, spezzò le Tavole dell’Alleanza considerandolo indegno di riceverle.
Ma dopo che i trasgressori furono puniti e che il popolo si fu pentito del peccato commesso, Dio, alle preghiere di Mosè, annunciò il suo perdono con l’espressione “Salachtì”: ho perdonato. E Mosè, salito ancora una volta sul monte Sinai, ricevette nuovamente le Tavole dell’Alleanza. (1)


La liturgia
Alla funzione del mattino si legge la parashah che contiene il Decalogo. Durante la giornata viene letto anche il libro di Ruth, che si collega alla festa della mietitura. La storia di Ruth è molto bella e poetica. Naomi e i suoi due figli emigrano in Moab a causa di una carestia. I figli sposano due moabite, ma ambedue muoiono. Naomi decide allora di tornare alla sua terra e Ruth, una delle nuore, va con lei perché, dice, “la tua terra è la mia terra, il tuo Dio è il mio Dio”. Spinta dalla stessa suocera, Ruth sposa Boaz, ricco possedente e lontano parente della famiglia. Secondo la tradizione Ruth è la progenitrice del re David, dalla cui stirpe discenderà il Messia. (1)


Usanze
La festività di Shavuoth non ha comandamenti speciali. Ci sono però dei minhagim (usanze) che si sono fissati lungo i secoli (vedere Come nasce il Minhag? nella parte Cultura ebraica del sito).
Le sinagoghe vengono addobbate di fiori e di piante per ricordare che siamo all’epoca delle primizie, con un forte richiamo alle cerimonie di offerte di primizie all’epoca del Tempio.
Esiste anche l’abitudine di riunirsi la notte di Shavuoth per studiare la Torah fino all’alba. Questo studio, chiamato Tiqoun (riparazione), deve riparare la debolezza di quelli che non ebbero la forza di vegliare quando l’Eterno fece dono della Torah sul Sinai. Ma questa veglia consiste in primo luogo ad aspettare l’ora in cui gli antenati d’Israele ricevettero le parole divine. L’origine di quest’usanza è da cercare nella cabala del sedicesimo secolo. Lo scopo è di rivivere l’esperienza del Sinai nel fuoco e nella gioia.(2)

Fonti:
(1) Ziv, bulletin de la commission judaisme de la Cté des Béatitudes (Francia)
(2) Le pietre del tempo, il popolo ebraico e le sue feste di Clara e Elia Kopciowski

http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=121&Itemid=1

"Usa non dettino nostra politica"

"Usa non dettino nostra politica"
Replica ministro Israele a Obama
Il governo israeliano non consentirà agli Stati Uniti di dettare la sua politica, e "la costruzione degli insediamenti non sarà fermata". A sostenerlo, dopo che Obama aveva chiesto a Israele di bloccare le costruzioni negli insediamenti cisgiordani, è il ministro israeliano per gli Affari strategici, Moshe Yaalon. "Gli insediamenti non sono la ragione del fallimento del processo di pace, non sono mai stati un ostacolo, in nessuna fase", ha detto.

"Anche quando Israele si è ritirato dai territori palestinesi - ha proseguito il ministro - il terrorismo è continuato. Anche quando abbiamo smantellato le colonie nella Striscia di Gaza ciò che abbiamo avuto è stato un Hamastan (termine spregiativo, derivante da Hamas e dal termine persiano -stan, che significa casa o territorio; quindi Paese di Hamas, ndr)".

Yaalon, ex capo di stato maggiore dell'esercito israeliano, ha comunque ribadito che il governo smantellerà gli insediamenti illegali in Cisgiordania, come annunciato nei giorni scorsi.



http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo450528.shtml

MO: LEVY, ISRAELE SI ALLEI CON CATTOLICI E ISLAM MODERATO

MO: LEVY, ISRAELE SI ALLEI CON CATTOLICI E ISLAM MODERATO
Milano, 22 maggio Per uscire dalla sua condizione di ''crescente solitudine'' e far fronte a un nuovo antisemitismo, Israele dovrebbe stringere delle ''alleanze'': in primis rinnovando il suo legame con il mondo cattolico europeo e poi con i segmenti piu' illuminati dell'Islam e della societa' palestinese. E' l'opinione del filosofo francese Bernard-Henry Levy, intervenuto ieri sera a Milano ad un incontro per il centenario della fondazione di Tel Aviv in cui gli e' stato consegnato il premio 'Uomo dell'anno 2009' del Museo d'Arte della citta' israeliana. ''Non sono mai stato cosi' preoccupato per Israele e per il popolo ebraico come oggi - ha detto Levy - perche' in questo momento Israele affronta minacce senza precedenti nella sua storia, nemici come Hamas, Hezbollah e Iran mossi da un odio irragionevole, e quest'ultimo con la concreta eventualita' dell'arma nucleare''. ''Mai la malafede e la disinformazione verso Israele - ha proseguito - hanno assunto proporzioni tali come in questo momento: una macchina di delegittimazione e di satanizzazione che sta sfociando in un nuovo antisemitismo''.
http://www.shalom.it/index.php?option=com_magazine&Itemid=75

Corso di Israelologia a Como

Evangelici.net notizie

Corso di Israelologia a Como
Inserita il 21/5/2009 alle 12:29 nella categoria: Israele

COMO - Organizzato da Evangelici d'Italia per Israele (EDIPI), in collaborazione con la chiesa Elim di Como (via Borgovico, 22) in cui si tiene l'incontro, il corso di Israelologia si svolge sabato 23 maggio ed è curato dal direttore degli studi dell'IBEI Rinaldo Diprose.


Rinaldo Diprose, direttore dell'Istituto biblico evangelico italiano (Ibei), oltre a sviluppare i temi dell'incontro, parlerà della sua recente esperienza rispetto a questi stessi corsi tenuti in Israele presso le congregazioni di arabi cristiani ed ebrei messianici all'Istituto NETS di Nazareth e all'Israel College of the Bible di Gerusalemme.


Programma del corso:
sessione mattutina
1) Israele il fratello minore
2) Israele nazione eletta
3) Israele tra passato, presente e futuro

sessione pomeridiana
4) La teologia della sostituzione
5) La Chiesa al posto di Israele
6) la Chiesa al posto del Regno Messianico. [cdf]


Per informazioni: tel. 031/427739 oppure 339/3413990


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Pubblicata da evangelici.net



http://www.evangelici.net/notizie/1242901779.html

Israele: Ebrei messianici sotto i riflettori

Israele: Ebrei messianici sotto i riflettori
2009 Maggio 10

by illuminato
«Io ho annunziato, salvato, predetto, e non è stato un dio straniero in mezzo a voi; voi me ne siete testimoni, dice il SIGNORE… » (Isaia 43:12)

di Gershon Nerel

In Israele l’interesse del pubblico per gli ebrei credenti in Yeshua continua ad essere alimentato da reportage dei media in ebraico e in inglese. Venerdì 13 febbraio 2009 è apparso un altro lungo articolo su Up Front, il supplemento settimanale del Jerusalem Post in lingua inglese. L’attenzione dei lettori su questo articolo è stata attirata da un vistoso titolo sulla prima pagina del Jerusalem Post. Il titolo diceva: «La fede avanza: 7.000 credono in Gesù come loro Redentore». Nel supplemento è stato aggiunto un sottotitolo: «Con grande irritazione dell’establishement in Israele».

Il servizio sugli ebrei messianici occupava sei intere pagine con foto a colori. Sulla copertina del supplemento settimanale si poteva vedere la foto di due giovani. Portavano T-shirt rosse con la scritta ebraica: «Yehudim Lema’an Yeshua» (Ebrei per Gesù) e distribuivano volantini per strada. Larry Derfner, il reporter del Jerusalem Post è riuscito a fare un articolo completo e obiettivo. Ha abilmente evitato di destare o confermare pregiudizi nei lettori.

Nel suo articolo cita, senza censurarle, molte dichiarazioni di ebrei credenti in Yeshua. Qui di seguito alcuni esempi. «Yeshua è l’incarnazione del Dio di Abraamo, di Isacco e di Giacobbe – in una nuova epoca». «Io sono nato ebreo, ma nella fede non c’è differenza tra me e un cristiano evangelico». «Se mi rifiutassi di parlare di Gesù ai miei simili, sarebbe come se conoscessi la medicina per guarire l’AIDS e la tenessi per me».

Dall’articolo si viene a sapere che il 50 percento dei circa 7.000 ebrei messianici in Israele sono nuovi immigrati dall’ex Unione Sovietica. Secondo altre stime, il numero degli ebrei messianici in Israele dovrebbe però arrivare a circa 10.000. Tra questi ci sono anche centinaia di nuovi immigrati dall’Etiopia. Su questo gruppo il giornalista scrive che «molti di loro preferiscono tenere per sé la loro fede». Simili credenti «nicodemiti» si possono trovare anche tra gli immigrati da altri paesi. Per paura della pressione sociale, economica e giuridica preferiscono per il momento tenere segreta la loro fede.

Nell’articolo si fa anche notare che ci sono ebrei messianici che soffrono sotto angherie e persecuzione. La cattiva disposizione contro questi credenti viene aizzata da almeno due “Organizzazioni anti-missionarie” ultra-ortodosse, e precisamente Yad L’achim (Mano ai fratelli) e Lev L’achim (Cuore per i fratelli). Queste istituzioni arrivano ai limiti del legalmente lecito e del decoro, e qualche volta vanno anche oltre, denigrando e attaccando gli ebrei messianici. Gli attivisti ultra-ortodossi cercano di screditare pastori e anziani di comunità nei loro immediati dintorni attaccando in posti pubblici pashkevilim, cioè manifesti con le loro fotografie e con minacce.

Secondo i dati esposti dal giornalista, in Israele ci sono circa 100 comunità messianiche. Ciascuna di loro costituisce un gruppo chiuso in se stesso, ma esiste tuttavia «una grande fluttuazione» nell’appartenenza alla comunità. Il reporter dichiara inoltre che gli ebrei messianici non gestiscono alcun centro chiuso in cui «i nuovi convertiti sono sottoposti a un lavaggio del cervello o a un ‘bombardamento con amore’». I nuovi arrivati nelle comunità messianiche non vengono nemmeno allontanati dalle loro famiglie o dai loro amici. Se un membro vuole abbandonare la comunità, né lui né altri vengono obbligati a rimanere.

Nel suo resoconto l’autore dell’articolo cerca di comportarsi come «obiettivo osservatore dall’esterno». Da una parte scrive: «Gli ebrei messianici in questo paese hanno una reputazione pessima», perché come attivi «missionari» parlano apertamente di Yeshua ad ogni ebreo (o non ebreo) che manifesta interesse. D’altra parte i «messianici» per il reporter non sono una setta, perché i credenti ebrei in Yeshua non hanno né una singola figura leader né un gruppo di leader, e a nessuna persona del loro ambiente attribuiscono proprietà divine. Nella sua esposizione mette anche in evidenza due aspetti contraddittori dello scenario ebreo-messianico in Israele: da una parte si nota una tendenza dei figli a non seguire la fede in Yeshua dei loro genitori; dall’altra si può osservare in altre famiglie una continuità della fede in Yeshua che passa di generazione in generazione, come per esempio in Yad Hashmona, un villaggio messianico (Moshav) nella zona collinare ebraica.

Alla fine dell’articolo il giornalista descrive un concerto di musica messianica organizzato da credenti in Yeshua. A questa manifestazione hanno partecipato circa 1.000 visitatori. L’autore scrive: «Mille credenti messianici, di cui molti hanno genitori ebrei, si sono riuniti in una specie di ‘casa protetta’ per cantare inni a Gesù. Non sembravano minacciosi, anzi piuttosto innocui e vulnerabili. In questo spazio al sicuro dagli occhi del pubblico hanno potuto esprimere liberamente la loro fede.»

Fonte: (Nachrichten aus Israel, aprile 2009 – trad. www.ilvangelo-israele.it)



http://butindaro.wordpress.com/2009/05/10/israele-ebrei-messianici-sotto-i-riflettori/

I segreti dell'uomo negli antichi scritti del secondo tempio


I segreti dell'uomo negli antichi scritti del secondo tempio

L’antico fascino delle pergamene

Ore 06:01
mercoledì, 27 maggio 2009
L'estate del 1947 portò con se una delle più importanti scoperte archeologiche del Ventesimo secolo. Un pastore beduino scoprì per caso, in una grotta del deserto sulla riva Nord occidentale del Mar Morto, giare contenenti rotoli di pergamena, che mostrò ad alcuni amici. Uno di loro notò che le iscrizioni sulla pergamena ricordavano a quelle in aramaico siriano che aveva visto nella chiesa Siriano-Ortodossa di Betlemme. I beduini rimossero sette rotoli dalla grotta. Quattro furono venduti al monastero siriano a Betlemme per l'equivalente odierno di 98 dollari e tre furono acquistati da un antiquario, sempre di Betlemme. Era l'inizio di percorso che avrebbe portato ad un rinvenimento eccezionale per la storia culturale e religiosa della nostra civiltà, i celebri rotoli del Mar Morto.

I manoscritti di Qumran

Rinvenuti tra il 1947 e il 1956 in undici grotte della zona di Qumran, sulla riva Nord occidentale del Mar Morto, i manoscritti contengono più di 900 testi in ebraico, aramaico e greco, datati tra il III secolo a.C e il I secolo d.C. I rotoli del Mar Morto sono la più antica testimonianza scritta esistente del Vecchio Testamento. Comprendono infatti una o più copie dei libri della Bibbia Ebraica, escluso quello di Esther e numerosi testi non canonici giunti fino a noi in versioni etiopi, greche, siriane, armene e latine.

Nel web
Israel Antiquities Authority
I manoscritti testimoniano la ricca attività letteraria del cosiddetto periodo del Secondo Tempio nella storia del popolo ebraico e includono testi biblici, apocrifi, pseudo epigrafici e legati alle tradizioni di alcune sette. I testi biblici sono probabilmente le più antiche copie della Bibbia, in particolare del Vecchio Testamento, arrivate fino a noi e hanno dato un contributo essenziale alla ricostruzione della storia testuale del Vecchio Testamento. Un numero considerevole dei testi apocrifi e pseudo epigrafici conservati a Qumran, sono versioni originali, in ebraico e aramaico di composizioni risalenti al periodo del Secondo Tempio. Il gruppo di manoscritti più interessante, è però quello attribuito alle tradizioni di alcune sette, presumibilmente sconosciuti fino alla loro scoperta nel 1947. Fa eccezione il "Damascus Document" che non era stato identificato con certezza prima del rinvenimento dei rotoli del Mar Morto. Questo ampio corpus letterario ricostruisce le credenze e i costumi di una comunità che probabilmente aveva il suo centro proprio a Qumran. Un corpus di scritti che include ordinanze, regole, commenti a testi biblici, visioni apocalittiche e opere liturgiche ed è attribuito alla setta degli Esseni.

Gli Esseni

Le prove storiche e archeologiche indicano che Qumran venne fondata nella seconda metà del II secolo avanti Cristo e fu abbandonata a seguito dell'incursione dei Romani nel 68 d.C, due anni prima della distruzione del Tempio di Gerusalemme. Gli Esseni erano un gruppo settario, in parte costituitosi in una comunità monastica ascetica che si era ritirata in zone aspre e isolate. Per due secoli, condusse una vita comunitaria dedicata alla preghiera, allo studio e al lavoro. La parola "Esseni" non è mai menzionata con chiarezza nei rotoli del Mar Morto, ma numerosi indizi, tra cui il fatto che gli autori si identifichino con il termine "Judah", ovvero Esseni secondo la tripartizione in ordini del Giudaismo, fanno propendere per questa tesi.

La conservazione dei rotoli

I rotoli di Qumran rappresentano per gli studiosi anche un'eccezionale sfida scientifica, legata alla loro conservazione, vista la fragilità di un patrimonio disperso in 15mila frammenti. Della conservazione dei preziosissimi manoscritti, si occupa l'Israel Antiquities Authority, la sovrintendenza archeologica israeliana alla quale è stato affidato anche il compito di individuare ulteriori rotoli nella zona di Qumran, con campagne e scavi archeologici e l'imponente opera di pubblicazione dei celebri documenti, che è stata portata a termine. Nel 2001, inoltre, la Oxford University Press ha ultimato la pubblicazione integrale della "Discoveries in the Judean Desert", la raccolta integrale dei testi, alla quale hanno collaborato ottantotto esperti ebrei, cristiani e musulmani.

Il clima secco del deserto di Giudea, ha conservato intatti, per millenni, i manoscritti e i loro segreti. Tuttavia, quando vennero estratti dalle grotte, i rotoli vennero maneggiati in modo inadeguato e in un ambiente non controllato. Inoltre, danni irreparabili furono causati dagli adesivi utilizzati dagli studiosi, nei primi anni, per unire i frammenti, che poi venivano inumiditi e pressati tra lastre di vetro. A seguito dell'invecchiamento degli adesivi e della pressione del vetro, alcune pergamene si sono annerite, tanto che alcuni testi non sono più leggibili.

Dal 1991, le autorità israeliane hanno allestito un magazzino climatizzato, che riproduce le condizioni ambientali delle grotte di Qumran e un laboratorio speciale per la conservazione dei rotoli nel Rockfeller Museum di Gerusalemme.

Paola Gregorio


http://www.giornaledibrescia.it/Contenuti/484484.html?idnews=7606

sabato 23 maggio 2009

E se Eluana fosse stata ebrea?


E se Eluana fosse stata ebrea?


Il drammatico caso di cronaca solleva profonde questioni di etica e di morale. Quali indicazioni vengono dalla Halachà?
D.A.T.

E se Eluana fosse stata ebrea? Quale sarebbe stata la risposta della Legge ebraica alla decisione di staccare la nutrizione forzata? Come ci saremmo dovuti comportare?
Un tema molto delicato che solamente una persona come il Rabbino capo di Roma, rav Riccardo Di Segni, medico e membro del Comitato Nazionale di bioetica, poteva riuscire a trattare (in una serata organizzata da Lesson Party), dando risposte esaustive ad una platea costantemente interessata.
Facendo unicamente riferimento al caso Englaro e alle questioni che da esso scaturiscono, alcune cose vanno dette immediatamente. Ci sono degli obblighi che un Ebreo ha e da cui non può sottrarsi. Essenzialmente questi sono:


• divieto di non uccidere (legge noachica); la vita va tutelata in quanto tale, senza considerazione per la qualità o per la durata;
• non possiamo rimanere impassibili davanti al sangue versato.

A questi punti cardine si collega direttamente un concetto basilare, che divide radicalmente laici (a volte laicisti…) dai credenti: il concetto di “autonomia”. Come possiamo disporre della nostra vita? Per i credenti la vita non è un dono, ma un prestito e come tale va tutelata come se andasse restituita nel migliore dei modi.
Detto ciò, non bisogna però immediatamente dedurre che per l’ebraismo non è possibile nessun tipo di scelta autonoma di fine vita. Sebbene l’idea della sofferenza anche nell’ebraismo abbia un valore assoluto
(si collega all’espiazione delle colpe), i maestri sostengono che è lecito il ragionamento secondo il quale “non voglio né le sofferenze né il premio che ne deriva”. Nessuno quindi è condannato a soffrire e si ha il diritto di rifiutare una cura. Ma debbono esserci delle condizioni precise e debbono esser fatte salve alcune limitazioni.

Le condizioni inappellabili sono:


• si deve trattare di un malato in stato terminale;
• il malato deve essere soggetto a sofferenze insopportabili;
• per terminare le cure occorre una dichiarazione certa dell’interessato.

Anche davanti a queste tre condizioni esistono però, come detto, dei limiti legati all’idea stessa di vita: l’ebraismo non ha nulla contro la tecnologia, che anzi sostiene come frutto della mente umana, direttamente legata alle capacità date all’uomo da D-o. In questo senso perciò, i macchinari che favoriscono la continuazione della vita sono assolutamente auspicabili. Ma su questi strumenti occorre fare un ragionamento molto chiaro: alcune macchine favoriscono la continuazione della
vita in maniera eccezionale, altre invece semplicemente si limitano a somministrare al singolo alimenti e liquidi che sono basilari per la vita stessa. Terminare la somministrazione di solidi e liquidi è perciò assolutamente vietato, non legandosi ad alcun tipo di eccezionalità estranea al corso naturale della vita (bere e mangiare sono la base della vita stessa).
Un discorso più articolato va fatto invece per la ventilazione. In questo caso è assolutamente vietato staccare una semplice ma
schera per l’ossigeno o un sondino nasogastrico. E’ invece possibile ragionare sui macchinari che non solo favoriscono la ventilazione ma producono anche il necessario movimento dei muscoli. In questo caso infatti, il movimento artificiale dei muscoli può essere visto come una specie di accanimento.
Fatta questa lunga premessa, come si pone l’ebraismo davanti al caso concfreto (nella fattispecie quello della Englaro)? Qui ci sono tre questioni aperte:


• l’accertamento della reale volontà della paziente;
• la possibilità di sospendere la somministrazione di solidi e liquidi;
• la possibilità per un terzo di decidere per un malato incosciente.

Come è facile dedurre, secondo la Halakha non sarebbe stato lecito far morire Eluana. Non risulta chiara infatti la volontà del paziente: la volontà di Eluana è stata principalmente dedotta in base alla vita attiva della paziente e su frasi dette in situazioni del tutto informali. Inoltre la somministrazione di solidi e liquidi, avvenuta sempre per semplice sondino nasogastrico, sarebbe dovuta continuare.
In ultimo, come si pone Israele davanti a questa questione? In Israele esiste una legge frutto del lavoro della commissione Stainberg: secondo questa norma è possibile rifiutare le cure, ma non è lecito terminare la somministrazione di solidi e liquidi. Per la ventilazione, come detto, solo nei casi ammissibili sopra descritti, si agisce tramite un timer che, spegnendo gradualmente la macchina, determina la fine della vita.
Come si vede quindi il tema è molto complicato e frutto di numerose discussioni. Così delicato che Rav Di Segni, pur sottolineando la non ammissibilità del caso Englaro nell’ebraismo, rifiuta totalmente l’idea di definire Beppino Englaro, padre di Eluana, come un assassino. Non è possibile descrivere la sofferenza di un padre con poche, dure, infamanti, vigliacche e semplicistiche, parole….

http://www.shalom.it/index.php?option=com_content&task=view&id=340&Itemid=75&ed=17

Cannes: Nel bell’affresco israeliano di Suleiman il patriottismo si nutre nel silenzio

il Giornale.it
n. 124 del 2009-05-23 pagina 32

Nel bell’affresco israeliano di Suleiman il patriottismo si nutre nel silenzio
di Redazione

Chi ha seguito il Festival, che oggi finisce le proiezioni, ricorderà quattro o cinque film. Fra questi c’è Il tempo che resta di Elia Suleiman, storia di famiglia e solidarietà, ma soprattutto storia malinconica e buffa, di patria oppressa e patriottismo sommesso.
Cristiano-palestinese, Suleiman aveva già proposto a Cannes sette anni fa Intervento divino, sul contrastato amore fra giovani arabi d’Israele e dei Territori occupati. Il tempo che resta è invece l’evocazione di sessant’anni di Israele, visti non nell’ottica delle celebrazioni occidentali dell’anno scorso, ma in quella degli arabi cristiani e musulmani di Nazaret, diventati dal 1948 cittadini israeliani a sovranità limitata. Caduto il Muro di Berlino, è sorto il Muro d’Israele, ma anche per chi l’ha costruito sarà duro bollare Suleiman come «terrorista»: il più esplicito atto di resistenza, nel suo film, è afferrare silenziosamente - il silenzio, ecco la chiave del film - un’asta, prendere la rincorsa e saltare il Muro!
Ma Suleiman non cela mai la realtà dietro la poesia: si vedono anche la guerra del 1948 e l’Intifada del 1989-90, perché il futuro padre (Saleh Bakri) di Elia Suleiman aveva adattato armi inglesi a munizioni tedesche nel 1948. Lui è il protagonista della prima parte del film. Anche se aveva dovuto arrendersi, aveva continuato a essere sorvegliato: infatti ogni tanto bruciava una bandiere israeliana... Quando il piccolo Elia (Zuhair Abu Hanna) va a scuola, a Nazaret, ha le sue peripezie, perché dice agli altri bambini che «gli americani sono colonialisti». E il maestro insiste: «Chi ti insegna queste cose?».
Già, chi? Un padre che invecchiava senza rassegnarsi, educando il figlio, che a sua volta è invecchiato senza rassegnarsi. Con qualche ragione, dicono i rapporti di forza demografici. Davanti alle nascite tre volte più importanti degli arabi rispetto agli ebrei israeliani, il destino di Israele rimanda a quello dell’Algeria francese e del Sud Africa bianco.
Poi c’è la parte familiare. Borghesi, i Suleiman sono una famiglia con vicini molto peculiari, tutti più o meno condizionati dall’occupazione. Infatti i palestinesi non sono tutti guerri(gli)eri e c’è chi s’è adattato al dominio ebraico, così come i genitori e nonni s’erano adeguati a quello ottomano. C’è per esempio chi denuncia il cugino (Suleiman padre, cioè) all’Haganah, poi chi fa cantare ai bambini arabi le canzoni patriottiche israeliane, chi entra nella polizia israeliana...
Suleiman non condanna i collaborazionisti e nemmeno gli occupanti, non ha il gelido rigore giacobino di Vercors nel suo romanzo sull’occupazione tedesca, Il silenzio del mare, poi portato sullo schermo da Jean-Pierre Melville. Gli ebrei di Suleiman sono invasori, non mostri. Il tempo che resta non è manicheo. Al nemico qui si spara, da parte araba, per aver migliori posizioni dalle quali trattare quando non si sparerà più. Ma poi magari si perde e ci si trova alla mercé dell’altro. Probabilmente questa concezione realistica e non ideologica della guerra valeva anche per certi ebrei del 1948. Ci sarebbe voluta la guerra del 1967 perché Israele negasse la qualifica di nemico al medesimo, per ridurlo a «terrorista». Ma come fare la pace con qualcuno di cui si nega la parità politica? La Francia, che ha tuttora ambizioni sul Libano e dintorni, ospita a Cannes il film di Suleiman anche perché le permette di sostenere una posizione intermedia nel conflitto mediorientale. I giornalisti hanno ampiamente applaudito il film di Suleiman per la gioia sua, ma anche per quella di Nicolas Sarkozy.


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venerdì 22 maggio 2009

Una proposta per ricordare chi agì nel silenzio

Una proposta per ricordare chi agì nel silenzio


La casa editrice Carismatici Francescani informa che il giorno 28 maggio 2009 alle ore 16,30 presso la Sala delle Colonne della Camera dei Deputati, Via Poli, 19, Roma, verrà proiettato il documentario dal titolo “Il nemico fraterno”, di Joseph Rochlitz, regista statunitense e figlio di uno degli ebrei superstiti del campo nell'isola di Arbe (Rab), 1943, salvato dalle truppe militari italiane e dai diplomatici italiani che erano in Croazia.



Introduce On.le Fiamma Nirenstein Vicepresidente della Commissione Affari Esteri e Comunitari della Camera dei Deputati.



All’incontro parteciperanno:

Riccardo Pacifici, Presidente Comunità Ebraiche di Roma

On.le Rocco Buttiglione, Vice Presidente Camera dei Deputati

Gen. B. Agostino Biancafarina, Affari Generali - Stato Maggiore dell’Esercito

Roberto Petri, Capo della Segreteria Particolare del Ministro della Difesa

Un rappresentante del Ministero degli Affari Esteri



Sarà presente il prof. Gino Bambara, esule dalmata, testimone ancora vivente degli avvenimenti che si sono verificati nella zona di cui tratta il documentario, che racconterà qualcosa della sua esperienza.





Il filmato di Joseph Rochlitz è stato proiettato pubblicamente a Washington e a Gerusalemme con molta risonanza, ma in Italia sinora solamente in forma privata. Si riferisce agli episodi verificatisi in Croazia, in Grecia e nel sud della Francia.



Solo l’Italia, sostiene lo storico ebreo Menachem Shelah nel suo libro Un debito di gratitudine, sulla base di una rigorosa documentazione, protesse tutti gli ebrei che si trovavano nei territori sotto il suo controllo.





Con il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri



Hanno aderito:

The International Raoul Wallenberg Foundation (IRWF)

L’ Associazione Nazionale ex Deportati (ANED)



informazioni@carismaticifrancescani.org

FILM SULL'OMOSESSUALITA' 'EYES WIDE OPEN'

20/05/2009 - 18.01
FESTIVAL DI CANNES: ARRIVA LO SCANDALOSO FILM SULL'OMOSESSUALITA' 'EYES WIDE OPEN'





(IRIS) - ROMA, 20 MAG - A coronamento di un'edizione del Festival in cui l'amore omosessuale ha avuto un posto d'onore, arriva nella sezione Un Certain Regard, il film che, pur con una trattazione delicata e sofferta rappresenta l'autentico scandalo di quest'anno. Si intitola 'Eyes Wide Open', lo ha diretto l'israeliano Haim Tabakman ed è stato realizzato grazie ad una coproduzione con la Francia e la Germania poichè in patria appariva impossibile trovare tutti i capitali necessari.

I protagonisti sono due uomini che appartengono alla comunità ultra ortodossa di Tel Aviv, sono profondamente rispettosi delle leggi religiose e della morale ebraica ma non vogliono uccidere per questo la sincera passione che li lega. Aaron è un rispettato commerciante, sposato con Rivka e bravo padre di quattro bambini. Ma quando un giorno incontra il giovane studente Ezri non puo' far tacere il suo cuore. Il senso di colpa, il dolore per il tradimento della moglie e soprattutto la crescente pressione della comunità a cui appartiene, costringono Aaron alla scelta piu' drammatica. Opera prima di un regista che maneggia la materia con grande padronanza, ex allievo della Cinefondation di Cannes, il neoregista Haim Tabakman rende merito alla sceneggiatura originale di Merav Doster che ha ripreso dopo sette anni contro il parere di tutti.

''Il problema con lo scandalo dell'omosessualità tra i religiosi ebrei - dice il regista - è che l'omosessualità per il Talmud non è necessariamente un peccato, semplicemente non esiste, è una malattia che si può contrastare e vincere. Quando si è religiosi nel profondo dell'animo come i miei due personaggi si hanno solo due possibilità, combattere quella che i saggi chiamano una pulsione nefasta o vivere il proprio amore finendo nell'isolamento e nel disprezzo di amici e parenti''. Per capire quanto il film possa sconvolgere il suo pubblico naturale, in Israele, basterà dire che la contrarietà della comunità ortodossa ha costretto i produttori a non girare il film a Gerusalemme per l'eccesso di pressioni negative e che il protagonista Ran Danker (una star musicale) ha rischiato tutta la sua popolaritaà rompendo un autentico tabù apparentemente insuperabile. ''Sono molto grato a Ran - dice il regista - così come a uno degli attori che amo di più nel mio paese, Zohar Strauss, perchè si sono fatti carico dei loro personaggi fino a viverne tutto il dramma interiore. Spero che Cannes li ricompensi del rischio corso poichè ad oggi non sappiamo ancora se e come sarà possibile mostrare questo film in patria''.



MaVi

http://www.irispress.it/Iris/page.asp?VisImg=S&Art=38272&Cat=1&I=immagini/Spettacolo/62%20Festival%20d%20Cannes.jpg&IdTipo=0&TitoloBlocco=MusiCinemArte&Codi_Cate_Arti=7