lunedì 27 aprile 2009

Discorso del rabbino per Yom Haatzmaut 2008


Discorso del rabbino per Yom Haatzmaut 2008
“Nel tornare oh Signore gli scampati di Sion, eravamo come sognatori, dunque si riempì la nostra bocca di gioia e la nostra lingua di giubilo…”

Questo salmo che abbiamo recitato e che viene recitato nei momenti più solenni, da millenni accompagna il popolo ebraico.
Proprio come dice il testo, “ha zore’im be-dim’à be rinnà ikzoru” “coloro che seminano piangendo, raccolgono con il canto e la gioia” così è accaduto a coloro che, miracolosamente scampati alla barbara sorte toccata ai loro famigliari e ai figli dello stesso popolo, dei campi di sterminio nazisti, trovarono rifugio e calore nella terra promessa ai Patriarchi e di lì a poco sarebbe divenuta la tanto anelata Terra di Israele.

La liberazione dal regime nazifascista che aveva riportato fra le nazioni europee un po’di pace e tranquillità vedeva le forze che avevano combattuto per la libertà impegnate a ripristinare fra la gente un modo di vita degno di quel nome. La città di Bologna stessa, assistendo alla liberazione anche da parte della Brigata Ebraica –che univa le sue forze a quelle cittadine- ritrovò la strada per ricostruire tutto ciò che la guerra aveva distrutto fisicamente e moralmente.
Era sì un sogno, ma un sogno che in poco tempo si sarebbe tramutato in una triste realtà; infatti, immediatamente dopo il riconoscimento dalla maggior parte delle Nazioni Unite, Israele si trovava a sostenere troppe guerre contro popolazioni ben più armate di lei.

Oggi lo Stato di Israele compie sessanta anni e nonostante ciò, il pericolo per questo Stato è ancora in agguato:
- un pericolo fisico: a causa dei continui lanci di missili da parte dei territori confinanti e di quei continui attentati a innocenti civili, in ogni momento ed in ogni luogo di abituale frequentazione.
- un pericolo psicologico: a causa delle violenti critiche di una parte del mondo, che non riesce a comprendere quale sforzo abnorme Israele stia facendo per ottenere un po’ di pace e tranquillità, considerati da tutti un inequivocabile diritto alla vita di ogni suo abitante.

In questi ultimi giorni, si sta assistendo a qualcosa che danneggia Israele ancor più di una guerra vera e propria.
In occasione del suo sessantesimo anno, Israele è stata dichiarata “ospite d’onore” alla Fiera del Libro di Torino e per questo motivo vi è da parte di una grossa fetta di estremismo politico, un atteggiamento di ostilità, non solo nei suoi confronti, ma anche nei confronti di tutti coloro che riconoscono in questo evento uno spiraglio di luce verso quella zona martoriata dai conflitti.

A proposito di ciò, un plauso particolare va alla città di Bologna che, attraverso le sue istituzioni culturali, in particolare il suo Ateneo, non ha permesso una manifestazione ufficiale di boicottaggio da parte di coloro che nutrono sentimenti di odio non solo nei confronti di Israele, ma e soprattutto della cultura, la quale non ha e non deve avere nessuna religione, nessuna razza ma deve essere un diritto ed un dovere per ogni cittadino libero!

Il popolo ebraico nel corso della sua storia plurimillenaria è stato definito da tutti “‘am ha sefer” il popolo del libro, proprio per la sua devozione allo studio e per la dedizione alla cultura.
Nel corso dei secoli, lo studio per noi ebrei, ha rappresento il mezzo fondamentale alla vita ed alla sopravvivenza in mezzo alle civiltà che ci hanno ospitati e circondati. Esso è stato il modo per poter esprimere la propria condizione di vita e portarne arricchimento ed esperienza. La Torà considerata la base della nostra cultura e del nostro credo - considerato fondamentale per comprendere il concetto di libertà - anche nel testo manoscritto, particolarmente sacro e riposto nell’Arca di ogni Sinagoga, viene indicato semplicemente con il termine SEFER- LIBRO.

Boicottare ciò equivale a boicottare la libertà di ogni uomo.

Le manifestazioni fatte in questi ultimi anni, a favore delle pace, soprattutto in Medio Oriente, sono state in gran parte un segno tangibile di intolleranza nei confronti di Israele e più volte abbiamo assistito all’atroce cerimonia delle bandiere bruciate, che si è ripetuta anche in occasione della manifestazione del 1° Maggio, data che simboleggia un alto valore di civiltà e rispetto nei confronti di ogni essere umano.
Anche nella nostra Regione e più precisamente nella città di Modena, episodi simili hanno intaccato, il sempre vivo rapporto di integrazione e di rispetto nel corso di centinaia di anni, fra la Comunità ebraica locale e gli abitanti della città.
Episodi simili, non servono ad aprire uno spiraglio di luce per la convivenza pacifica fra esseri umani, ma contribuiscono alla sempre più forte spaccatura in nome di un ideale che non c’è.

Il numero sei nella tradizione ebraica corrisponde all’ultimo sforzo prima del grande riposo: nel testo della Genesi, a proposito della Creazione del mondo è narrato che il Signore creò il mondo in sei giorni e poi al settimo si riposò, istituendo così lo Shabbat che è il giorno del riposo assoluto all’insegna della valorizzazione dell’opera di ogni essere vivente: umano ed animale.
Il sesto anno doveva completarsi il lavoro della terra ed al settimo tutto doveva essere lasciato incolto poiché anche il terreno aveva il diritto al riposo.

Sessanta è un multiplo di sei, è il sesto decennio di vita dello stato di Israele,che nonostante gli sforzi occorsi per la sua difesa, non si è sottratto al dovere morale civile e democratico di contribuire allo sviluppo ed al progresso in ogni campo ed in ogni settore della scienza, della tecnica e al bene dell’umanità tutta.

Per questo motivo ci auguriamo tutti che l’inizio di questo settimo decennio, Israele ed i suoi paesi confinanti possano finalmente trovare un’intesa vera, onesta e limpida per contribuire al bene di una pace salda e duratura fra esseri creati dallo stesso Essere a Sua immagine e somiglianza con lo scopo di portare su questo mondo una pace eterna.
http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=157

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