lunedì 27 aprile 2009

Yom ha-'atzmauth 5769 (29 aprile 2009)

Yom ha-'atzmauth 5769 (29 aprile 2009)


Yom Hatzmaut – 60 anni di indipendenza dello Stato di Israele
7 maggio 2008
Sinagoga di Bologna, Via Mario Finzi

Saluto di apertura – G. Ottolenghi (Presidente, Comunità Ebraica di Bologna)

Autorità, amici tutti, è con piacere ed emozione che rappresento i sentimenti di gioia e gli auspici di pace della nostra Comunità in questo 60mo anniversario dell’indipendenza dello Stato di Israele.

Dopo il mio breve intervento, sarò onorato di dare la parola al Signor Sindaco, Sergio Cofferrati, che ci porta il saluto della Città, al Presidente del MEB, Prof. Emilio Campos, con cui abbiamo organizzato varie iniziative questa settimana. Tra i principali eventi ricordo il concerto per pianoforte qui in sinagoga domenica prossima 11, alle 17:30, e l’inaugurazione della mostra di foto di Robert Capa, scattate in Israele nel 1948, al MEB mercoledì prossimo 14 alle 18. Chiuderà gli interventi il Rabbino Capo, Alberto Sermoneta.

Cosa rappresenta lo Stato di Israele per noi ebrei, e cosa rappresenta e per noi cittadini italiani ed europei, e per i nostri concittadini di altre convinzioni civili o religiose?

Ecco un’occasione che nuovamente ci incoraggia a porci domande sulla nostra identità. L’identità è una faccenda complicata se ci pensate: ognuno di noi coltiva al suo interno molteplici identità. Abbiamo idee politiche, religiose, passioni sportive e hobbistiche, un’ identità nazionale, e una di campanile, apparteniamo ad un gruppo professionale, e ad una classe sociale. Insomma non abbiamo un’identità unica, e accettare di farci definire da una identità unica favorisce l’integralismo.

Questo lo sa bene la cultura ebraica, dove forse più che altrove si coltiva la differenza di identità: non è davvero molto frequente sentir parlare di ebrei che si considerano identici fra loro. La vivacità delle discussioni e dei punti di vista, il rifiuto del pensiero unico, l’accettazione di una pluralità di identità consentono il confronto e l’arricchimento costante delle culture. Il mondo ebraico si è sempre confrontato e si confronta col mondo esterno, da esso impara e ad esso fornisce contributi di pensiero, di cultura e di etica. Il mondo ebraico ha sempre saputo convivere con altre culture e crede nei valori di libertà religiosa, uguaglianza e rispetto.

Nell’ambito di questo riconoscimento della pluralità dell’identità di ciascuno di noi, trova oggi posto nell’idea di sé di ogni ebreo un legame con Israele. Questo legame ha molte nature, può anche essere critico, può essere politico, può essere religioso, ma è essenziale.

Credo di poter dire con certezza che, anche nell’animo di chi ebreo non è, Israele occupa un posto significativo. La nostra storia europea e la nostra cultura non sono indifferenti a questo piccolo angolo del mondo, e in un modo o nell’altro tutti, almeno ogni tanto, guardiamo verso Gerusalemme. Israele produce musica e libri, danza e cinema, tecnologia e agricoltura, architettura e pensiero politico. Israele è una frontiera tra due mondi, un grande esperimento di integrazione di culture e di identità, e insieme è un luogo simbolico delle origini dell’etica e della religione. I valori che vanno sperimentandosi oggi in Israele affondano le loro radici in principi antichi e in speranze di pace e armonia che permeano la nostra cultura in Europa. Per questo nessuno di noi vi resta indifferente

In questo contesto penso alla Fiera del Libro che inaugura domani a Torino, e che dedica il posto d’onore alla letteratura Israeliana. Davanti ai suoi cancelli vi saranno persone che invocano la libertà per negare la libertà, e la cultura per negare la cultura, e che vorrebbero emarginare gli scrittori di Israele, così come in passato hanno tentato di emarginarne l’accademia o l’arte. Questo astio verso le idee impoverisce chi lo pratica.

Speriamo che Israele possa essere sempre un paese che dialoga con le altre nazioni, contribuendo con le sue idee alla creazione di tempi migliori, in pace e senza temere per la propria esistenza. Speriamo che le celebrazioni di questo anniversario si svolgano con gioia, secondo l’insegnamento di Abrabanel che a Pesach, la Pasqua ebraica, richiede che gettiamo una parte del nostro bicchiere di vino. Perché la nostra gioia non può essere piena se, anche senza nostra colpa, essa ha prodotto sofferenza ad altri.

http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=119

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