mercoledì 26 novembre 2008

LA CANCELLAZIONE DELL'ATTO ACCUSATORIO

LA CANCELLAZIONE DELL'ATTO ACCUSATORIO


Francesco Zenzale
“Egli ha cancellato il documento a noi ostile, i cui comandamenti ci condannavano, e l’ha tolto di mezzo, inchiodandolo sulla croce; ha spogliato i principati e le potenze, ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di loro per mezzo della croce” (Colossesi 2: 14-15).
La traduzione del Luzzi (Versione Riveduta) della frase: “avendo cancellato l’atto accusatore scritto in precetti, il quale ci era contrario…” (v. 14), può dare adito a un equivoco in quanto la parola precetti può far pensare alla legge dei 10 comandamenti, ed è in questo senso che viene spesso interpretato questo versetto da lettori sprovveduti, seppure in buona fede. Ma Paolo non ha voluto dire che Dio ha annullato i suoi comandamenti inchiodandoli alla croce. L’apostolo ha voluto semplicemente sottolineare quanto sia stato completo il perdono divino e lo fa in modo efficace esprimendosi con una metafora. Ciò che Dio ha annullato sulla croce è il documento della nostra colpevolezza il quale, con le sue clausole, deponeva a nostro sfavore.
Il pensiero di Paolo in Col 2:14 è reso con maggiore chiarezza nelle versioni più recenti della Bibbia. Il testo della C.E.I. per esempio, lo traduce nel modo seguente: “Annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce”.
La parola greca keirographon, tradotta dal Luzzi con “atto accusatore”, letteralmente significava “firma fatta di proprio pugno”, e nei rapporti di affari era usata per indicare la firma apposta su un contratto, un’ipoteca o una dichiarazione di debito.
Per Paolo keirographon significa lista dei debiti. Noi siamo debitori insolvibili verso Dio (vedi Mt 18:23-25); Dio nella sua immensa misericordia ha condonato il nostro debito (Mt 18:26, 27) e ha distrutto il documento della nostra obbligazione, che era un atto d’accusa contro di noi. Tutto questo è avvenuto perché qualcun altro, Gesù Cristo, ha pagato per noi sulla croce.
Paolo sta parlando della grazia di Dio che tramite Gesù ci ha perdonato: “…tutti i nostri peccati” (v. 13). Di conseguenza il “documento” del v. 14 non può che essere in relazione ai nostri peccati. L’apostolo usa in questo caso un’immagine per rappresentare l’atto salvifico operato da Cristo. Peccando, l’umanità contrasse un “debito” con Dio, che era registrato in questo documento - atto accusatore, immaginario. Gesù, morendo sulla croce, annulla tale documento d’accusa, offrendo il perdono dei peccati e riconciliando l’uomo con Dio. La menzione dei comandamenti alla fine del v. 14 non indica che il documento accusatore sia da questi costituito, ma evidenzia che la loro trasgressione permette al documento di esistere. L’atto d’accusa è dunque costituito dal ricordo della trasgressione. É il peccato, conseguenza della disubbidienza alla legge, che accusa l’uomo, che gli è ostile, e non la legge che evidenzia il peccato, e ne indica la soluzione. Il testo greco mostra questo aspetto in maniera evidente. Il termine comandamento, dogmasin, è al caso dativo e indica un complemento di causa. Il documento esiste dunque “a causa” [della nostra trasgressione] dei comandamenti.
É il documento della nostra colpevolezza, non la legge, che Dio ha distrutto inchiodandolo alla croce. Con la morte di Cristo, Dio non solo ha estinto la nostra colpa, ma ha altresì trionfato sulle potenze cosmiche (principati e podestà) privandole di ogni dignità e potere, e offrendole in pubblico spettacolo al mondo (v. 15).
In breve, per intenderci, Paolo non sta dicendo che è la legge che è stata tolta di mezzo o annullata, diversamente entrerebbe in contraddizione con quanto egli afferma in Romani 3:31 e in 1 Corinzi 7:19, ma “il documento ostile”, ovvero, il documento della nostra colpevolezza, vale a dire “l’ammenda”, sulla quale è dichiarato che abbiamo peccato contravvenendo i comandamenti. Scrivi a: assistenza@avventisti.it




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