mercoledì 26 novembre 2008

LE “SQUADRE DELLA MODESTIA” ULTRA-ORTODOSSE TERRORE A GERUSALEMME

LE “SQUADRE DELLA MODESTIA” ULTRA-ORTODOSSE TERRORE A GERUSALEMME

Domenica, 19 Ottobre 2008 - 13:34 -
di Luca Mazzucato



Una sera qualsiasi d'estate, un quartiere ebraico di Gerusalemme Ovest, una donna sbriga le faccende di casa. Vive sola, ha divorziato da poco dal marito ultra-ortodosso ma ha deciso di restare nello stesso quartiere. All'improvviso, sei uomini irrompono in casa, la buttano a terra, le schiacciano la faccia al suolo, uno di loro si siede sulla sua testa per impedirle di guardarli in faccia, gli altri la picchiano. Minacciano di ucciderla se non confessa i suoi atti impuri con gli uomini del vicinato, le rubano il cellulare per controllarne i numeri e prima di andarsene le consigliano di cambiare quartiere se non vuole finire male. È l'ennesimo attacco delle “squadre della modestia”, un'organizzazione segreta (ma ben nota) di ultra-ortodossi, che si occupano di reprimere i comportamenti indecorosi nei quartieri ebraici. Dopo anni d’insuccessi, la polizia è finalmente riuscita ad arrestarne uno dei membri: le indagini hanno svelato una rete inquietante di protezione e connivenza da parte delle autorità e dei potenti rabbini.

Nel 1990, un uomo fu trovato morto nei boschi ai confini di una zona ultra-ortodossa di Gerusalemme. All'epoca, la polizia seguì la pista delle “squadre della modestia”, ma purtroppo l'omertà impenetrabile della comunità ultra-ortodossa (in ebraico Haredi) vanificò le indagini. Questi gruppi di ultra-ortodossi, autoproclamatisi guardiani della moralità, esistono fin dalla nascita dello stato d'Israele e operano di solito all'interno delle comunità Haredi. Si occupano di minacciare soprattutto donne, accusate di comportamenti contrari alla moralità: per esempio di parlare con altri uomini in pubblico se sposate, o sugli autobus di occupare altri posti che siano nell'ultima fila (quelli davanti sono riservati agli uomini). Ma spesso passano dalle minacce ai fatti, picchiando chi è sospettato di avere relazioni extraconiugali, arrivando a costringere le vittime a traslocare in un altro quartiere, tutto per il bene della comunità, s'intende.

Negli ultimi mesi, numerose aggressioni hanno visto coinvolte le squadre della modestia. Una ragazza di quattordici anni è stata sfigurata con una bottiglia di acido, colpevole di portare pantaloni lunghi e canottiera (abbigliamento severamente proibito da alcuni rabbini ultra-ortodossi). Un immigrato americano, egli stesso Haredi, è stato linciato da una ventina di ultra-ortodossi nel villaggio di Bet Shemesh, alle porte di Gerusalemme, per aver denunciato in pubblico le aggressioni delle squadre ed aver organizzato delle proteste contro di esse all'interno della sua comunità. Nello stesso villaggio, una donna di trent'anni è stata picchiata selvaggiamente per aver parlato con un soldato benché sposata. Numerosi negozi di lettori MP3 sono stati incendiati: essi sono infatti “pericolosi per la comunità” secondo i dettami di alcuni rabbini. Il sindaco di Bet Shemesh ha in seguito dichiarato che “la violenza ultra-ortodossa è triste ma non è una novità. Il fatto che la gente finalmente cerchi di protestare è il primo segnale positivo”.

A distanza di anni dall'omicidio insoluto del 1990, gli inquirenti sperano di aver finalmente trovato il bandolo della matassa. Quasi tutte le vittime dei pestaggi e delle intimidazioni sono terrorizzate e si guardan bene dal parlarne in giro; ma questa volta, la denuncia della donna picchiata all'inizio dell'estate ha portato all'arresto di una delle guardie della moralità, accusato di aver ricevuto duemila dollari per il “servizio”. Molti altri sospetti sono scappati all'estero prima dell'arresto, ma la polizia ha messo le mani su delle prove schiaccianti: la casa della vittima è piena delle impronte digitali degli accusati.

A seguito dell'attenzione suscitata sui media israeliani dalla vicenda, un membro delle “squadre della modestia” ha deciso a sorpresa di uscire allo scoperto per spiegare e difendere l'operato del gruppo. In un'intervista alla televisione israeliana, l'uomo ha spiegato il metodo seguito dalla squadra: “Se qualcuno [Haredi] ha un problema, ci chiama.” E qui comincia la discussione della rimostranza, che deve essere valutata da un rabbino, la cui approvazione è necessaria per esercitare l'intimidazione. “La squadra ha sia una leadership rabbinica che amministrativa,” prosegue l'intervistato, “e possiede anche un archivio e vari dipartimenti.”

A quanto pare la polizia potrebbe aver scoperto il quartier generale dell'organizzazione in un edificio di Gerusalemme dove ha sede un'associazione dal nome significativo: “Comitato per Preservare la Purezza della Nostra Comunità.” Ma il capo dell'associazione, quel rabbino Shpernovitz, terrore dei fanciulli delle scuole ebraiche, nega tutto: “Una volta certamente esistevano le squadre della modestia, ma ora non più. Le accuse contro Meirovich [l'uomo arrestato] sono completamente inventate. Un ortodosso non può compiere atti di violenza.”

Come a confermare le parole del rabbino, la gola profonda Haredi affermava infatti nell'intervista che “entrare in casa di qualcuno e sottrargli delle cose quando questi viene colto in flagrante [atteggiamento indecoroso] è un'azione aggressiva, ma certamente non è un atto di violenza.” Ma nella lunga intervista-confessione, vengono fatte altre rivelazioni sconvolgenti. “La polizia - continua - capisce che quello che possiamo sistemare all'interno della comunità conviene anche a loro.” In sostanza, secondo il membro del gruppo le squadre della modestia, la cui struttura forma una complessa gerarchia, godono del pieno appoggio delle autorità di polizia e del supporto delle autorità religiose, in quanto si occupano di mantenere l'ordine all'interno delle comunità ortodosse. “Se c'è un pedofilo, spiega l'uomo, solo noi possiamo scoprirlo”. Che poi lo consegnino alla polizia è fuori discussione. Nei frequenti casi di stupro o pedofilia nei quartieri ultra-ortodossi, la polizia non riesce mai a venirne a capo, scontrandosi ogni volta con la reticenza impenetrabile della comunità, che manda a vuoto qualsiasi tentativo d’indagine. È dunque plausibile che le autorità decidano di “chiudere un occhio” e tollerare la presenza di questa sorta di polizia parallela.

La comunità ultra-ortodossa in Israele rappresenta circa un quinto della popolazione e conta duecentomila persone nella sola Gerusalemme Ovest (città di settecentomila abitanti, di cui cinquecentomila ebrei). I rapporti tra la componente religiosa e quella secolare della città non sono mai stati cordiali, ma in tempi recenti gli attriti sono in continuo aumento e diventano sempre più violenti. Dopo il recente arresto del membro delle squadre, centinaia di giovani ultra-ortodossi hanno messo a ferro e fuoco la città, incendiando cassonetti e prendendo a sassate vetrine di negozi, per chiederne la scarcerazione. Episodi come questo, in cui orde di teenager Haredi devastano il centro di Gerusalemme, sono purtroppo sempre più frequenti e la polizia sembra assecondare la violenza senza intervenire, per l'evidente timore di inimicarsi i potenti leader della comunità ultra-ortodossi.



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