venerdì 13 febbraio 2009

Israele, rompicapo governo, accordo Likud-Kadima-Labour?

EST - Israele, rompicapo governo, accordo Likud-Kadima-Labour?


Roma, 13 feb (Velino) - È un vero puzzle la formazione del prossimo governo di Israele. Un rompicapo che il presidente Shimon Peres comincerà a cercare di risolvere lunedì, quando avvierà le prime consultazioni con i partiti. In un sistema che ricorda la nostra prima repubblica (proporzionale puro senza premi di maggioranza) ma con una sola camera e molti meno deputati (120), si governa con 61 seggi ma nessuno dei tre partiti che hanno riportato un successo politico sembra in grado di guidare un governo. Non può Tzipi Livni, leader di Kadima, malgrado abbia conseguito la maggioranza relativa. Non può Avigdor Lieberman, il cui successo elettorale con Israel Beitenu (15 seggi) non è certo sufficiente a fornirgli i collegamenti necessari per formare un esecutivo. E probabilmente non può neanche Bibi Netanyahu, a meno di voler imbarcare proprio Lieberman nella coalizione o di trovare un compromesso con Kadima. Durante la giornata di ieri, sembrava farsi strada l’ipotesi di un governo delle destre. Tuttavia, per il Likud di Netanyahu, è assai difficile far coesistere gli ultraortodossi di Shas (11 seggi) con il partito di Lieberman, che in campagna elettorale ha puntato sulla laicizzazione dello stato e che è palesemente incompatibile anche con l’estrema destra religiosa.

Non sorprende affatto, dunque, che la stampa si concentri su ipotesi di larghe intese. Un consigliere di Netanyahu giovedì sera ha spiegato che se Kadima accettasse di entrare in un governo guidato dal leader del Likud, alcuni partiti di destra potrebbero essere esclusi. Ma Tzipi Livni, che si è fatta accreditare presso l’Occidente come la donna che potrebbe condurre in porto il negoziato con i palestinesi, respinge l’idea di entrare in un esecutivo che bloccherebbe il processo di pace. Diventa quindi molto improbabile una sua coesistenza con lo Shas o con Lieberman. Così, il sito internet di Yalla Kadima anticipa che il ministro degli Esteri uscente annuncerà domenica di voler guidare l’opposizione, dato che una coalizione tra il suo partito, i laburisti, la sinistra del Meretz, comunisti e arabi non supererebbe quota 55 seggi. La stessa fonte non manca però di ipotizzare una terza via: un governo tripartito Kadima-Likud-Laburisti, con Livni e Netanyahu primi ministri in una sorta di “staffetta”. Un governo del genere potrebbe risultare il più adatto a gestire il processo di pace con arabi e palestinesi. Rimane da vedere se Netanyahu possa accettare una soluzione del genere. L’ex premier ha infatti un ventaglio di possibilità più ampio rispetto alla rivale ed è probabile che spinga per tornare primo ministro senza alternanza.

Anche il partito religioso religioso Habayit Hayehudi (3 seggi) chiede un governo a guida Netanyahu che includa Kadima. Ma la Livni continua a nicchiare. Secondo un’analisi del quotidiano Haaretz è probabilmente un modo di alzare il prezzo di un’intesa con il Likud, che sarebbe costituito dal ministero degli Esteri per lei, da quello della Difesa per Shaul Mofaz e da quello dell’Istruzione per Dalia Itzik, speaker uscente della Knesset. La radio militare israeliana, al contrario, dà per serio il proposito della Livni di rimanere all’opposizione e registra un suo dissidio con due alti papaveri del partito, Mofaz e Ze’ev Boim, intenzionati ad andare al governo. Con la Livni, secondo Arutz Sheva, sarebbe invece il vice primo ministro uscente Chaim Ramon, convinto che un governo del Likud non durerebbe più di 18 mesi al termine dei quali Kadima stravincerebbe nuove elezioni anticipate. Così come durante le crisi della prima repubblica italiana, prima di vedere il rompicapo risolto ci vorrà dunque parecchio tempo. Amnon Abramovich, dal secondo canale della tv israeliana, già prima delle elezioni aveva ipotizzato un’intesa Likud-Kadima-Laburisti con Netanyahu premier, che consentirebbe a Bibi di diventare premier evitando un governo radicale di destra che risulterebbe indigesto alla nuova amministrazione degli Stati Uniti targata Barack Obama.
“L’iniziativa di Abramovich”, come è ormai definita in ambito giornalistico, è ora forse l’ipotesi più accreditata per far quadrare il cerchio.

(Giampiero de Andreis) 13 feb 2009 14:20
http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=769213

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