martedì 6 gennaio 2009

MEDIO ORIENTE IN FIAMME - DIPLOMAZIE AL LAVORO

6/1/2009 (6:48) - MEDIO ORIENTE IN FIAMME - DIPLOMAZIE AL LAVORO
Livni e Mubarak, doppio no
alla tregua proposta dalla Ue

L'Egitto non ospiterà osservatori
sul suo territorio, Israele va avanti
MARCO ZATTERIN
CORRISPONDENTE DA BRUXELLES
Tzipi Livni ha detto «no», non vuol sentire parlare di tregua perché «noi combattiamo i terroristi e non faremo accordi con loro». Come la responsabile della diplomazia israeliana, anche il presidente egiziano Hosni Mubarak ha gelato l’Europa, non intende avere osservatori sul proprio territorio alla frontiera con la Striscia. Così, in una sola giornata, la missione Ue ha incassato due brutti colpi che, oltretutto, sottolineano la confusione dell’azione comunitaria, condotta in modo parallelo dalla presidenza di turno ceca e da Nicolas Sarkozy. Il governo italiano intensifica i contatti con le altre capitali, mentre il buonsenso trionfa nelle parole del Quirinale che auspica «una sospensione delle ostilità per riaprire una prospettiva di pace».

Sul fronte palestinese si combatte, ma su quello del dialogo è sempre il giorno zero. La troika europea guidata dal ministero degli esteri della Repubblica Ceca, Karel Schwarzenberg, e dal responsabile Ue delle relazioni esterne, Javier Solana, ha fatto tappa domenica al Cairo per colloqui con gli uomini di Mubarak. Se ci fosse un accordo sul cessate il fuoco, ha proposto lo spagnolo, osservatori potrebbero monitorare alla frontiera egiziana il traffico di armi verso Gaza, nodo considerato cruciale per ottenere il consenso israeliano. L’idea, però, non ha raccolto consensi degni di nota. Ieri è stata la volta della Livni, negativa su tutto, d’altro canto non si capisce perché dovrebbe cedere subito ad una missione goffa. Nonostante questo, sostiene di avere una strategia il premier ceco, leader di turno degli europei, Mirek Topolanek. Dopo aver telefonato all’omologo turco Recep Tayyip Erdogan e alla cancelliera tedesca Angela Merkel ha fatto sapere di avere uno «scenario di soluzione» con «l’obiettivo minimo» di «far tacere i cannoni». Nel pomeriggio ha avuto un colloquio anche con Silvio Berlusconi. I due hanno «stabilito di mantenere uno stretto coordinamento tra la presidenza italiana del G8 e quella ceca dell’Ue». Erdogan, nel frattempo, ha accusato Israele: «E’ il principale responsabile, non vuole porre fine al conflitto», ha detto ad Al Jazeera.

Anche Sarkozy, in qualità di copresidente dell’Unione del Mediterraneo, ha visto Mubarak. Senza risultati, pare, se n’è poi partito alla volta di Gerusalemme, per un confronto la Livni, con la quale non è già riuscito ad intendersi la scorsa settimana. Prima, si è intrattenuto con il presidente palestinese Abu Mazen. «Chiedo la fine immediata e senza condizioni dell’aggressione israeliana contro il mio popolo», ha detto l’arabo. «Noi europei vogliamo un cessate il fuoco il più presto possibile - gli ha fatto eco l’uomo dell’Eliseo -: il tempo lavora contro la pace». Il Consiglio di Sicurezza, ha aggiunto, «deve assumersi le proprie responsabilità per un immediato cessate il fuoco». Gli Stati arabi hanno preparato per l’Onu un documento che auspica la tregua e il dispiegamento di osservatori internazionali. Abu Mazen ha anche tenuto a sottolineare che esclude di tornare a Gaza grazie alla sconfitta militare di Hamas per mano di Israele: «Non accetteremo che la patria venga riunita con la forza delle armi, ma solo col dialogo».

Sarkozy ha cercato a sua volta un dialogo internazionale, chiamando la Merkel, Erdogan e il primo ministro spagnolo, José Luis Rodriguez Zapatero, che è stato ieri uno dei più duri critici di Israele. Lanciando un un appello per il «cessate il fuoco immediato», ha dichiarato che «non esiste una soluzione militare per la crisi» e ha ammonito «sulla base dei legami di amicizia con il governo israeliano, che questo non è il cammino che condurrà alla pace ed alla sicurezza del suo popolo». Il governo italiano segue a distanza gli eventi. Il presidente Giorgio Napolitano parla di «situazione dura» a Gaza e auspica «l’apertura di una prospettiva di pace». A proposito delle polemiche interne, il capo della Stato ha concesso di non vedere «grandi divergenze tra i partiti italiani: si tratta di trovare un punto di incontro tra il diritto di Israele alla sicurezza, e quello dei palestinesi al loro Stato indipendente». Il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto, afferma che la posizione del Colle è «quella italiana». Il ministro degli Esteri Frattini si dice pronto ad andare nei Territori «quando la situazione sarà matura». «Noi soffriamo per le vittime civili palestinesi - ha detto - ma Israele ha diritto di difendersi dai missili che piovono sui villaggi». Domani, il titolare dalla Farnesina riferirà alla Camera sullo sviluppo della situazione.

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/200901articoli/39787girata.asp

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