martedì 27 gennaio 2009

Se questo è un uomo - Primo Levi


Se questo è un uomo
recensione e commento del libro

Se questo è un uomo - Primo Levi



Primo Levi, chimico torinese, aveva ventiquattro anni quando fu catturato dalla milizia fascista alla fine del 1943 e, essendo ebreo oltre che partigiano, consegnato ai nazisti che lo deportarono ad Auschwitz. In questo periodo, il governo tedesco, data la scarsità di manodopera, aveva deciso di sospendere le uccisioni arbitrarie dei singoli e di allungare la vita media dei prigionieri da eliminarsi. E’ forse questa una tra le ragioni per le quali Primo Levi fu una delle quattro persone su quarantacinque contenute nel suo vagone che ha rivisto la sua casa.
La letteratura sui campi di sterminio nazisti, sull’inferno dei Lager, è certamente nutrita, ma questo suo libro, ricco di particolari atroci, testimonianza sconvolgente ed efficacissima, è anche un capolavoro letterario.

“Nulla è più nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga.”

“Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignità e discernimento, poiché accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso; tale quindi, che si potrà a cuor leggero decidere della sua vita o morte al di fuori di ogni senso di affinità umana; nel caso più fortunato, in base ad un puro giudizio di utilità. Si comprenderà allora il duplice significato del termine << Campo di annientamento >>, e sarà chiaro che cosa intendiamo esprimere con questa frase: giacere sul fondo.”


“ Eccomi dunque sul fondo. A dare un colpo di spugna al passato e al futuro si impara assai presto, se il bisogno preme. Dopo quindici giorni dall’ingresso, già ho la fame regolamentare, la fame cronica sconosciuta agli uomini liberi, che fa sognare di notte e siede in tutte le membra dei nostri corpi; già ho imparato a non lasciarmi derubare, e se anzi trovo in giro un cucchiaio, uno spago, un bottone di cui mi possa appropriare senza pericolo di punizione, li intasco e li considero miei di pieno diritto. Già mi sono apparse, sul dorso dei piedi, le piaghe torpide che non guariranno. Spingo vagoni, lavoro di pala, mi fiacco alla pioggia , tremo al vento; già il mio stesso corpo non è più mio: ho il ventre gonfio e le membra stecchite, il viso tumido al mattino e incavato a sera; qualcuno fra noi ha la pelle gialla, qualche altro grigia: quando non ci vediamo per tre o quattro giorni, stentiamo a riconoscerci l’un l’altro.”

E’ un libro da leggere e poi ancora rileggere per ricordare l’orrore di quanto accaduto e la disumanità non di mostri, o per lo meno non solo di mostri, ma anche di uomini comuni pronti a credere e obbedire senza discutere; per diffidare di chi vuole convincere con strumenti diversi dalla ragione; per sospettare di tutti i profeti, data la difficoltà di distinguere i veri dai falsi e infine per accontentarsi di verità meno entusiasmanti e più modeste che si conquistano con fatica, con studio, con discussione e ragionamento, senza scorciatoie e un passo alla volta, piuttosto che verità semplici e comode che non costano nulla.

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